Commuove il festival la favola sugli immigrati

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«Nel suo caso ci vorrebbe un miracolo. I miracoli a volte accadono», dice il medico alla paziente grave e povera. «Non nel mio quartiere». Chi l’avrebbe immaginato? La migliore battuta della rassegna di Cannes è in un film di Aki Kaurismà¤ki. Dopo il pessimismo e la malinconia di Le luci della sera, il maestro finlandese torna ai toni più leggeri e all’humour geniale con Le Havre, uno dei film più belli in concorso. Riso e commozione sono da sempre colori presenti nella tavolozza di questo magnifico pittore di cinema, ma di rado capita di vederli così ben distribuiti sulla tela dello schermo. 

È la storia di Marcel Marx (Andrè Wilms), ex scrittore e bohémien sulla sessantina, rifugiato da Parigi a Le Havre, dove conduce una vita povera e felice, fra il lavoro di lustrascarpe, svolto con solenne fierezza, le bevute al bar e il caldo ritorno a casa dall’amore, la moglie Arletty (Kati Outinen). L’esistenza di Marcel viene però rivoluzionata da due eventi inattesi, la malattia di Arletty e l’incontro con un ragazzino del Gabon, Idrissa, scappato al porto da un container di clandestini. Per l’anziano bambino è venuto il tempo di crescere in fretta, lucidare le proprie scarpe, vestirsi da adulto e partire come uno sgangherato, sublime super eroe di periferia, alla guerra contro l’ingiustizia. 
Qui si assiste a una trasformazione al cui confronto lo Spider Man di Hollywood fa pena. Marcel riuscirà  non soltanto a mandare avanti la casa, pur orfano della materna compagna, ma a proteggere il piccolo rifugiato dai poliziotti e dalla feroce caccia di un vicino fascista, a coinvolgere nella solidarietà  mezzo quartiere e infine a organizzare un concerto rock per procurare a Idrissa i soldi necessari per raggiungere la madre a Londra. L’impresa si compie con la progressiva complicità  del commissario di polizia un po’ cinico e misantropo.
È una storia universale. «Avrei potuto girarla in Italia, Grecia o Spagna» dice Kaurismà¤ki, che dice d’aver scelto Le Havre per il blu, il paesaggio del Nord e il rock’n’roll. Nell’affrontare il tema dell’immigrazione, il più importante in politica e anche nel cinema di oggi, l’artista finlandese non si pone nemmeno per un istante lo scrupolo del politicamente corretto o scorretto. Parte dalla semplice constatazione che qualsiasi stato, ordinamento, autorità , legge, necessità  politica, arrivi a vietare il ricongiungimento di un bambino con la madre, diventa per ciò stesso spregevole, disumana, criminale. È una legge che un uomo, se è tale, può soltanto disobbedire.
L’aspetto triste è che il film di Kaurismà¤ki sia stato accolto a Cannes come un pura favola sull’immigrazione, la nostalgia di un artista sensibile per una solidarietà  che si può vedere soltanto al cinema e non nella vita. «Spero proprio di no» ha risposto l’autore. Per fortuna, ha ragione. La realtà  delle città  nostre, spagnole, francesi, è piena di gente di quartieri poveri che aiuta immigrati ancora più poveri a sfuggire alla caccia all’uomo. Soltanto, non fanno notizia. Spesso perché non possono e non vogliono. Ed è un amaro paradosso che sui media si possa esercitare ogni giorno il più miserabile razzismo, mentre i protagonisti di atti di solidarietà  meravigliosa sono costretti a nasconderli per evitare la galera.
Le Havre è stato accolto con entusiasmo dai giornalisti e dal pubblico, per una vota d’accordo. La qualità  visiva e gli attori sono come sempre straordinari. Rispetto alla famiglia di attori coinvolta da Kaurismà¤ki, bisogna annotare l’esordio del grande Jean-Pierre Daroussin, già  ammirato l’altro giorno nelle Nevi del Kilimangiaro di Guédiguian, nella parte del commissario. Folgorante l’apparizione in concerto di Litte Bob, al secolo Roberto Piazza, idolo del blues rock francese. Notevolissimo il cammeo di Jean-Pierre Léaud, nei laidi panni del vicino di casa. Proprio lui, l’Antoin Doinel de I 400 colpi di mezzo secolo fa, nel ruolo dell’infame cacciatore di un bambino in fuga per amore, l’Idrissa di Blondin Miguel, un altro dei piccoli grandi attori di questa Cannes.

 


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