Fede, patria e solidarietà  la Quarta via del Labour per riconquistare il potere

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LONDRA – Qualcuno lo ha già  soprannominato la Quarta Via. Il suo vero nome è Blue Labour e la sua aspirazione è riformare il Partito laburista, naturalmente per riportarlo al potere. Come? Con una politica di destra o di sinistra? «Con una politica radicale e conservatrice, innovativa e tradizionalista al tempo stesso», risponde Maurice Glasman, l’accademico che l’ha ispirata, “guru” del nuovo leader laburista Ed Miliband. «Una politica che vada oltre il liberalismo economico degli anni del blairismo, risvegliando l’associazionismo democratico e la solidarietà , tenendo a bada gli eccessi del capitalismo, combinando fede e patriottismo, libertà  e internazionalismo, sicurezza e armonia sociale».
Può sembrare un cocktail con troppi ingredienti. Eppure dal Guardian alla Bbc, dalla Fabian Society alla rivista Progress, dai corridoi del parlamento di Westminister agli uffici di Policy Network (la fondazione fondata da Peter Mandelson), il Blue Labour è l’argomento del giorno nel Regno Unito. L’ultima volta che il Partito laburista si è rinnovato, nel 1994, quando Tony Blair lo ribattezzò “New” Labour imponendogli una svolta riformista, nel giro di tre anni la sinistra britannica vinse le elezioni e in breve tempo i partiti progressisti che adottarono la stessa linea andarono al governo in tutta Europa. Era il risultato della Terza Via, il riformismo pragmatico indicato dal sociologo Anthony Giddens come il metodo per portare avanti una politica di sinistra nell’era in cui i colletti bianchi sono più numerosi degli operai. La formula di Glasman, elogiato pubblicamente da Miliband in un recente discorso, è una “Quarta Via” in grado di rilanciare il centro-sinistra, non solo in Gran Bretagna, dove giusto un anno fa ha perso le elezioni, ma anche in un’Europa in cui ha perso il potere quasi ovunque?
“Blue” allude al colore tradizionale del Labour, dunque a un ritorno alle origini, e secondo alcuni alla nostalgia di qualcosa che non c’è più. Ma il suo ideatore non è d’accordo. «Questa non è una politica della nostalgia», spiega Maurice Glasman. «È la riscoperta di abitudini e valori cruciali per il laburismo, che sono stati dimenticati o considerati poco importanti. Non è nemmeno una difesa della evanescente classe lavoratrice. È la riscoperta che la visione etica di una società  umana, che spinse uomini e donne a fondare il Labour nel 1900, è ancora rilevante e vitale oggi. Blue Labour non ha nostalgia del vecchio Labour e nessuna illusione sui difetti del New Labour. Sia Blair che Brown sono stati pericolosamente ingenui su banche, finanza e libero mercato. Non a caso l’economia tedesca, con i lavoratori rappresentati nei consigli d’amministrazione e un più alto livello di interferenza democratica nella gestione dell’economia, è emersa dalla recessione con una crescita più forte e un settore industriale più moderno di quelli del mondo anglosassone».
È questa la via che il centro-sinistra europeo cerca vanamente da anni? Chissà . Ma di sicuro Londra conferma ancora una volta di essere il laboratorio del progressismo riformista: il luogo dove si coltivano nuove idee della politica, andando oltre gli slogan e la propaganda.


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