Stregoni e spiriti maligni il nuovo incubo degli ayatollah

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Non più i filo-occidentali Gharbi, i riformisti Reformi, oppure i non-intimi Nakhodi: i nuovi nemici dell’Ayatollah Ali Khamenei, la Guida della rivoluzione, sono i Khorafati, cioè i superstiziosi, in altre parole, gli stregoni. Con l’accusa di aver stabilito contatti con i Ginn, con gli spiriti e con le creature soprannaturali, sono stati arrestati i più stretti collaboratori di Mahmud Ahmadinejad, tra cui il consuocero e candidato a succedergli, Esfandiar Rahim-Mashei. Gli endemici scontri tra le opposte fazioni in seno della Repubblica islamica assumono dunque valenze metafisiche e rischiano di produrre caos e melodrammi farseschi.

Intanto va detto che i cieli del mondo islamico sono da sempre popolati da eserciti di angeli e demoni, di Ginn e di spiriti di ogni genere. La metafisica e il soprannaturale sono stati e sono parte integrante dell’islam sunnita e in particolare di quello sciita, da secoli in attesa dell’arrivo dell’Imam-e-Gheib, cioè del dodicesimo imam scomparso, il Mahdi, che con la sua apparizione porterà  sulla terra il regno della pace. L’ultima setta dei Mahdion, degli adoratori di Mahdi, è nata in Iran negli anni Cinquanta per opera di un certo Ahmad Kafi, morto pochi anni prima della rivoluzione khomeinista. Probabilmente lo stesso Ahmadinejad è un suo seguace.
Nulla di straordinario, insomma, se con la Repubblica islamica si sono moltiplicate le associazioni che pretendono contatti con il soprannaturale. Gli sciiti credono che nella battaglia nel deserto di Karbala, dove fu ucciso il terzo imam, Hussein (626 a.c), un esercito di 4000 angeli era pronto a combattere al suo fianco. L’Ayatollah Khomeini più di una volta ha affermato che la sua impresa rivoluzionaria è stata aiutata da creature venute dall’aldilà . In ogni angolo dell’odierno Iran si svolgono decine e decine di riunioni di ghostbusters, dove vengono convocati i Ginn e si svolgono cerimonie non troppo lontane dalla stregoneria. Akbar Ganji, il dissidente islamico in esilio, racconta la sua partecipazione ad alcuni riunioni di Ginnghir, di “acchiappaginn”, ritenendo che fossero perfettamente in linea con i dettami della religione.
Ci sono tuttavia anche delle polemiche teologiche assai complesse nell’islam sciita circa il soprannaturale e, in primo luogo, su chi sarebbe autorizzato ai contatti con il «mondo assente» e con le sue creature. Tale privilegio, sostengono i fondamentalisti, è monopolio assoluto del Faghih, del Dotto che rappresenta l’Imam scomparso Mahdi. Fuori dalla casta degli ayatollah, qualsiasi tentativo di contatto autonomo con quel mondo è Khorafat appunto, è superstizione, è stregoneria. Ed ecco la genesi del dissenso tra Ahmadinejad e Khamenei, ora trasformato in palese scontro politico. L’adorazione esibita e enfatizzata del presidente nei confronti del Mahdi spesso ha creato del malcontento negli ambienti dei fondamentalisti. Khamenei ha letto progressivamente dietro alla ripetuta rievocazione di Mahdi da parte di Ahmadinejad qualcosa di insidioso per il proprio ruolo di Velayate-Faghih, l’articolo della Costituzione che gli attribuisce il potere di veto sulla totalità  delle decisioni degli organi dello Stato.
Ma la nuova generazione dei rivoluzionari, nati e cresciuti nei fronti di otto anni di guerra, quella generazione che ha trovato in Ahmadinejad la sua espressione politica, era destinata a sentirsi in una camicia di forza cucita dalla vecchia casta degli ayatollah e dall’aristocrazia del clero sciita. Lo scontro tra Ahmedinejad e Khamenei ha avuto nel corso di questi ultimi sei anni diverse tappe, in cui il presidente ha rafforzato le proprie posizioni, mentre Khamenei ha cercato di non perdere terreno, accettando compromessi, ma anche resistendo all’ascesa di Ahmadinejad. Gli equilibri si sono rotti a distanza di due anni dalle prossime presidenziali, quando Ahmedinejad ha tentato d’imporre la candidatura del consuocero Rahim-Mashai, noto per il suo nazionalismo e per le sue idee non conformi con la Guida, in particolare in materia di politica estera. A quel punto si è capito che in ballo c’è l’autorità  del Velayat-e-Faghih e la mutazione della stessa geografia politica del paese. Con Ahmedinejad che si oppone all’autorità  di Khamenei, l’intera opposizione, quella riformista e quella nata dal movimento verde, sarà  costretta a prendere posizione, polarizzando l’intera dialettica politica. In questa nuova ingarbugliata situazione non possono che essere coinvolte anche le forze armate, i Pasdaran e i Basiji, come la borghesia nazionale e i bazari, insieme ai ceti e alle classi meno abbienti rurali oppure urbane: una prospettiva caratterizzata da parecchie incertezze per un paese, considerato fondamentale per i rapporti di forza nella regione mediorientale, già  scossa dalle rivolte delle masse arabe.

 


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