“La mia povera Finlandia nelle mani degli xenofobi”
«Quando è stato pubblicato – ricorda Oksanen – molti lettori erano sorpresi di vedere descritto il loro paese come xenofobo. Ora diventa tutto più chiaro». La sorpresa non è solo dei suoi lettori. In Europa prevale ancora l’immagine della Finlandia come un paese tollerante e attaccato alla solidarietà sociale. Cos’è successo? «Sono nata in Finlandia, la mia madrelingua e il mio passaporto sono finlandesi, ho fatto tutte le scuole in questo paese. Mio nonno e i suoi fratelli hanno combattuto la guerra come tutti gli altri finlandesi. Eppure mia madre è estone. Questo è sufficiente per non essere considerata una “vera finlandese”. Per avere riconosciuta la piena nazionalità , bisogna avere il sangue al cento per cento finlandese». Sta dicendo che una certa cultura xenofoba esisteva da tempo? «Tra Helsinki, la capitale, e il resto del paese ci sono due mondi a parte. Credo che Helsinki rimanga ancora oggi tollerante, liberale, sicura. Il partito dei Veri Finlandesi è molto meno popolare nella capitale: solo il 10% degli elettori lo ha votato, la metà che nel resto della Finlandia. Come tanti, io ho dato la preferenza ai Verdi, che a Helsinki hanno avuto grande successo e si possono definire un partito urbano, cosa che non sono i Veri Finlandesi». Eppure questa formazione di estrema destra è diventata l’ago della bilancia per la formazione di un nuovo governo. «Sono stati bravi a muoversi sul territorio. Il loro successo si è costruito negli anni, non è stato un colpo di scena. I militanti avevano l’abitudine di piantare “tende del caffè” anche nei posti più sperduti della Finlandia. Inoltre, le forze politiche tradizionali hanno perso la faccia a causa di casi di corruzione sul finanziamento della campagna elettorale». Quanto ha contato il tema dell’immigrazione? «Abbiamo molti meno immigrati di gran parte dei paesi europei. Da noi non è mai stato un problema. Mi sembra poi strano che nessuno si ricordi che, qualche decennio fa, mezzo milione di finlandesi ha dovuto immigrare in Svezia». Il leader dei Veri Finlandesi, Timo Soini, è un uomo politico molto popolare? «E’ un buon oratore, gira sempre con una cravatta blu e bianca con la bandiera nazionale. Ha esperienza nel suo campo, non c’è che dire». E il suo programma? «Ha fatto un sacco di promesse che non potrà mantenere. Nel campo dell’arte ha delle idee chiaramente ispirate a Hitler. Non posso credere che andrà avanti. Almeno lo spero». Questo partito xenofobo assomiglia agli altri che ci sono nel resto d’Europa? «Seguo da vicino quello che succede nei paesi dell’Est. Ovunque, l’estrema destra guadagna consensi. Anche i partiti razzisti prendono voti, così come quelli antisemiti. I Veri Finlandesi riuniscono tutte queste caratteristiche, fanno parte di una tendenza europea». Intanto la Finlandia si allontana così dall’Ue. Come finirà la discussione sul salvataggio del Portogallo? «Credo che questo risultato vada inserito nella lunga crisi iniziata nel nostro paese con la depressione economica degli anni Novanta. Non ci siamo mai ripresi. Avevamo già avuto un altro partito populista in passato, l’Smp, che non è durato molto. Sul Portogallo è impossibile fare una previsione. Il nostro primo ministro ancora in carica non vuole prendersi la responsabilità di scegliere. La posizione ufficiale della Finlandia si deciderà non prima di metà maggio, quando sicuramente non avremo un nuovo governo, se mai sarà possibile averne uno. Con questo risultato elettorale rischiamo di dover aspettare a lungo».
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