Le superpotenze impotenti dell’era post-Onu

Le superpotenze impotenti dell’era post-Onu

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Difficile rimpiangere “l’ordine” garantito da Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra fredda ma sta di fatto che fra il 1946 e il 1989 di stermini di civili in massa compiuti nel giro di pochi mesi non ce ne sono stati

 

Si stava meglio quando si stava peggio? Difficile rimpiangere “l’ordine” garantito da Stati Uniti e Unione Sovietica durante la Guerra fredda ma sta di fatto che fra il 1946 e il 1989 di stermini di civili in massa compiuti nel giro di pochi mesi non ce ne sono stati: la guerra di Corea ha fatto centinaia di migliaia di morti ma nel corso di un conflitto prolungato e sanguinoso, non di un massacro unilaterale della popolazione civile come nel corso degli ultimi 12 mesi a Gaza. La guerra del Vietnam ha avuto la sua parte di bombardamenti terroristici ma è durata quasi vent’anni e alla fine l’aggressore è stato sconfitto. Chi fermerà Israele in Libano?

Dal 1990 in poi sono accadute quattro cose: l’arroganza americana, pudicamente definita “unilateralismo”, la crescita dell’autonomia di potenze medie come Israele, l’Iran e la Turchia, la comparsa di attori non statali militarmente efficaci come l’Isis, Hezbollah, Hamas, Wagner e, infine, il maggiore impegno militare di Russia e Cina.

Sull’unilateralismo post-1989 sappiamo tutto: abbiamo visto la prima guerra del Golfo (1990) e soprattutto le invasioni di Iraq e Afghanistan nel 2002-2003. Operazioni americane lunghe e costose in vite umane che hanno praticamente dissolto le Nazioni Unite come luogo di confronto, di trattativa, di interposizione: in Libano cosa farà nei prossimi giorni l’Unifil, di cui fanno parte 1.200 soldati italiani? Facile, il ministro degli esteri Tajani ha già risposto: «I soldati sono al sicuro, fermi nelle caserme». Nel caso la situazione precipitasse, aggiungono alla Farnesina, «scatterebbe il piano di fuga, le navi sono pronte nel porto di Tiro».

L’Onu era stato altre volte manipolata, coartata o aggirata dagli Stati Uniti ma non era mai apparsa del tutto impotente come in quest’ultimo anno: Israele aggredisce un paese sovrano, terrorizza la popolazione e fa strage di civili eppure nessuno prende minimamente in considerazione le proteste quotidiane del segretario generale Antonio Guterres.

Il declino dell’Onu e la reticenza americana a inviare soldati sul campo dopo l’esperienza afghana sono state parallele alla crescita delle ambizioni di potenze come la Turchia (intervenuta in Siria varie volte, oltre a sterminare i curdi come al solito). L’Iran ha operato principalmente attraverso milizie sciite nel Libano, a Gaza e nello Yemen, cercando di evitare una guerra regionale malgrado le minacce israeliane. Lo stato ebraico, ora nelle mani di un governo di estrema destra guidato da un criminale di guerra, ha ignorato e ignora non solo l’opinione pubblica mondiale ma anche gli Stati Uniti del cui sostegno finanziario e militare ha pure assoluto bisogno.

Il segretario di Stato Antony Blinken ha pubblicato ieri un saggio su Foreign Affairs dove cerca di mascherare la debolezza americana prendendosela con i nemici di sempre: «Oggi la Cina e la Russia cercano di sconvolgere il sistema internazionale e di sfidare aggressivamente gli interessi americani» (ma la Cina non era stata il principale partner commerciale degli Stati Uniti per cinquant’anni ed è ancora oggi al terzo posto nell’interscambio?). Il titolo scelto, però, America’s Strategy of Renewal. Rebuinding Leadership ammette implicitamente che la leadership non c’è più.

Il terzo elemento del caos attuale nelle relazioni internazionali è stata la comparsa di attori non statali militarmente efficaci come a suo tempo al-Qaeda e poi l’Isis, mentre Hezbollah e Hamas hanno mantenuto per decenni la loro pressione sui confini di Israele. In Africa nessuno sa bene come contrastare Boko Haram in Nigeria o i suoi imitatori in Burkina Faso e in Mali. I mercenari russi della Wagner sembrano indeboliti dalla morte del loro fondatore Evgenij Prigožin ma la partenza dei contingenti francesi dall’Africa subsahariana mostra la debolezza delle tradizionali potenze medie europee.

Infine, si deve registrare il maggiore impegno militare di Russia e Cina: la prima si è lanciata in una sanguinosa invasione dell’Ucraina senza valutare la capacità di Europa e Stati Uniti di sostenere finanziariamente e militarmente Zelensky (senza mandare un solo uomo sul campo, ovviamente). La seconda ha approfittato della propria crescita economica, rallentata ma non esaurita, per modernizzare le proprie forze armate ma poche settimane fa il nuovo sottomarino d’attacco a propulsione nucleare classe Zhou è miseramente affondato al momento del varo in un cantiere nei pressi di Wuhan. Le schermaglie nel Mar cinese meridionale con Vietnam e Filippine, molto gonfiate dalla propaganda, sono in realtà il sintomo che la Cina può difendersi ma non intervenire militarmente al di fuori dei suoi confini, neppure verso Taiwan.

Tutto questo potrebbe essere riassunto rovesciando una celebre frase di Mao: «Grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente». Purtroppo, per i popoli nelle sempre più numerose zone di guerra la situazione non è eccellente ma tragica.

* Fonte/autore: Fabrizio Tonello, il manifesto



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