Solitamente le campagne elettorali riducono i fondi a disposizione man mano che si avvicina il giorno delle elezioni, investendo il denaro che resta in spot pubblicitari e iniziative per invogliare gli elettori a votare. Per Trump, però, questo momento di forti investimenti pubblicitari è stato anticipato, e le sue spese elettorali il mese scorso sono più che raddoppiate, poiché ha dovuto investire somme ingenti in nuovi spot fatti per attaccare il nuovo ticket avversario.

Se queste sono brutte notizie per lui, a dargli una gioia è arrivato il giudice Juan Merchan, rinviando la data di annuncio della pena nel caso dei pagamenti in nero alla pornostar Stormy Daniels, per cui Trump è stato ritenuto colpevole di tutti i 34 capi di accusa. La data era stata inizialmente fissata per luglio, poi per il 18 settembre, ed ora per il 26 novembre, dopo le elezioni

 «Non è una decisione presa da questa corte alla leggera, ma è la decisione che, secondo questo tribunale, promuove meglio gli interessi della giustizia», ha scritto Merchan nel comunicato  di quattro pagine, in cui si ha sottolineato che “questa question occupa un posto unico nella storia della nazione».

La buona notizia per il tycoon è arrivata lo stesso giorno in cui era tornato in tribunale a New York per un altro dei tanti procedimenti giudiziari che lo riguardano, l’appello contro la condanna a risarcire la scrittrice E. Jean Carroll. Trump era stato infatti condannato in primo grado  a pagare 5 milioni a Carroll per violenza sessuale e diffamazione. In un altro processo, una seconda giuria ha poi stabilito per la scrittrice un indennizzo di 83 milioni di dollari.

Questa vicenda si è poi un po’ persa, sommersa dalle altre tribolazioni giudiziarie che riguardano il tycoon, ma se qualcuno si era dimenticato che Trump era  anche accusato di molestie sessuali, ci ha pensato lui a rimediare, otto settimane prima del giorno delle elezioni, e ha dedicato circa 45 minuti a ricordarlo al mondo con una conferenza stampa che è stata in realtà in monologo, in cui si è sfogato a voce alta delle sue frustrazioni.

E lo ha fatto dicendo che la donna che lo accusa sta mentendo, e che non era abbastanza attraente da spingerlo a stuprarla.

«Sono io che dovrei denunciare lei» ha esordito l’ex presidente «Non si ricorda neanche quando è avvenuto l’episodio. Si è inventata tutto dopo aver visto una puntata di Law and Order».

In questo periodo Trump non si risparmia le esternazioni: solo il giorno prima, in  un altro discorso fatto all’Economic Club di New York,  aveva illustrato delle politiche che, se applicate, potrebbero aggiungere migliaia di miliardi di dollari al debito nazionale.

Durante l’intervento ha promesso, se eletto, “trilioni” di dollari in tagli alla spesa, fatti da una nuova commissione governativa che formerebbe una volta tornato alla Casa bianca, insistendo sul fatto che dei nuovi tagli fiscali sarebbero la soluzione per ridurre il debito. Affermazione contestata dalla maggior parte degli economisti, e indebolita proprio dai risultati prodotti dal taglio fiscale che aveva fatto quando era presidente.

Tutte mosse che non gli stanno attirando l’appoggio di alcuni notevoli compagni di partito. «Donald Trump è la minaccia più grande per la nostra repubblica, ha tentato di rubare le ultime elezioni. Non potrà mai più essere detentore del potere. Bisogna difendere la nostra Costituzione». A fare queste affermazioni è stato l’ex vicepresidente di George W.H: Bush Dick Cheney, che ha dichiarato di voler votare, come sua figlia Liz, per Kamala Harris.

* Fonte/autore: Marina Catucci, il manifesto