Europa. The Left si divide: se ne vanno dal gruppo Insoumise e Podemos

Europa. The Left si divide: se ne vanno dal gruppo Insoumise e Podemos

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Il Partito della sinistra europea si trova al centro di tensioni e distinguo. Nasce una nuova forza della sinistra. Il nuovo soggetto si chiamerà «Alleanza della sinistra europea per i popoli e il pianeta»

 

Da una parte c’è La France Insoumise, al centro delle vicende francesi di questi giorni e snodo centrale della sinistra anche in Europa. Dall’altra c’è sinistra tedesca ridimensionata in Sassonia e Turingia, per di più a vantaggio dei rossobruni di Bsw, il partito di Sara Wagenknecht. Tutto ciò potrebbe avere ricadute indirette sugli equilibri nel Partito della sinistra europea e sul gruppo parlamentare a Bruxelles e Strasburgo.

Già all’indomani delle elezioni europee di giugno, Wagenknecht aveva provato a formare un suo gruppo, facendo leva soprattutto sull’asse con il Movimento 5 Stelle. L’operazione non era riuscita anche perché, come è noto, i pentastellati (capitanati in Europa da Pasquale Tridico) hanno scelto proprio di andare con The Left. Almeno per il momento, riferiscono diversi soggetti in campo, l’esistenza del gruppo parlamentare (garanzia di spazi d’intervento e agibilità a Bruxelles e Strasburgo) non è a rischio. Ma è un fatto che il soggetto trainante della compagine, il Partito della sinistra europea, si trova al centro di tensioni e distinguo.

Giusto due giorni fa l’Autorità per i partiti politici europei e le fondazioni politiche europee ha annunciato di aver ricevuto le carte con una nuova richiesta di registrazione. Il nuovo soggetto si chiamerà «Alleanza della sinistra europea per i popoli e il pianeta». Secondo lo statuto, punta a unire «i partiti femministi della sinistra verde per costruire un’altra Europa della cooperazione, del progresso sociale e dei diritti dei lavoratori». I membri fondatori, la svedese Malin Björk, la francese Sophie Rauszer e la spagnola Isabel Serra Sánchez dicono di voler lavorare per «l’alternativa al capitalismo», i diritti umani, la giustizia climatica, il diritto internazionale e la lotta contro il razzismo. Attualmente, sette forze politiche dichiarano l’adesione: Bloco de Esquerda (Portogallo), La France Insoumise (Francia), Podemos (Spagna), Razem (Polonia), Enhedslisten De Rød-Grønne (Danimarca), Vänsterpartiet (Svezia) e Vasemmistoliitto (Finlandia). Più che le posizioni sulla guerra russo-ucraina o sull’atlantismo, che sono differenti nel gruppo parlamentare e che anche all’interno di questa composizione restano variegate (si va dal radicale rifiuto della guerra di Podemos alle posizioni più vicine a Kiev delle sinistre nordiche), queste formazioni sono spinte dalla volontà di rompere alcuni schemi del Partito della sinistra europea, cui aderiscono la Linke tedesca e i greci di Syriza, che solo fino a due legislature fa erano i partiti trainanti della compagine. Contano, e non poco, anche le questioni nazionali: quelli della France Insoumise, per dirne una, non hanno preso bene che lo spitzenkandidat alle scorse elezioni non fosse la parlamentare europea uscente Manon Aubry, sulla quale ha posto il veto il Partito comunista francese, socio fondatore della Sinistra europea.

Restano alla finestra i due partiti italiani d’area. Sinistra italiana, che pure rivendica diverse affinità con le sigle che hanno dato vita al partito, fino a oggi ha preferito la strada di riformare la Sinistra europea più che aprire un nuovo percorso. E da Rifondazione, che non ha eletto parlamentari europei lo scorso giugno ma resta interna a questo percorso, il segretario Maurizio Acerbo ed Eleonora Forenza del segretariato del Partito della sinistra europea fanno sapere: «Continueremo a lavorare per l’unità di tutta la sinistra radicale che fa riferimento al gruppo parlamentare unitario The Left nel parlamento europeo. Il gruppo è sempre stato plurale e al suo interno».

* Fonte/autore: Giuliano Santoro, il manifesto



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