Francesca Albanese: «I crimini israeliani protetti dagli alleati occidentali»
Intervista. Francesca Albanese, relatrice dell’Onu: «Il lavoro dell’Aja sui mandati d’arresto è rallentato dalle memorie presentate a difesa di Tel Aviv»
Lavora al suo nuovo rapporto, che sarà pronto a ottobre, Francesca Albanese, esperta di diritto internazionale e relatrice dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati. Nel frattempo continua a commentare con post quotidiani sui social gli sviluppi a Gaza e in Cisgiordania. Con Albanese facciamo il punto della situazione mentre si avvicina il primo anniversario dell’attacco di Hamas nel sud di Israele (1.139 morti tra soldati e civili) e dell’inizio della devastante rappresaglia israeliana a Gaza che in 10 mesi ha fatto almeno 40mila morti, tra cui migliaia di bambini, e circa 100mila feriti tra i palestinesi. «La valutazione globale su quello che sta succedendo ai palestinesi sotto il controllo israeliano è di una gravità senza precedenti. Siamo dinanzi a un assalto contro una popolazione a ogni livello», ci dice Albanese. Nelle carceri israeliane si torturano i palestinesi in modo sistematico. È sconvolgente l’inazione della comunità internazionale, in altri paesi siamo intervenuti per molto meno.
Si riferisce anche della Cisgiordania?
Certo. A Gaza si bombarda senza sosta da 10 mesi, sono state ammazzate ormai 40mila persone, quasi 100mila sono state ferite, non si contano più gli orfani. I satelliti mostrano che Gaza non c’è più. Ci sono stati massacri dopo massacri, anche nelle scuole che sono l’ultimo punto di protezione dei civili palestinesi perché la maggior parte delle case sono state distrutte o sono stati dati ordini evacuazione. Non c’è nessun luogo dove gli esseri umani possano sentirsi al sicuro. Anche in Cisgiordania la situazione è gravissima. Dal 7 ottobre non c’è stato più alcun contenimento delle azioni (israeliane), al contrario c’è stato un accanimento contro le comunità palestinesi, soprattutto quelle pastorali, beduine. Una ventina di comunità rurali sono state sfollate.
Del suo rapporto farà parte il capitolo degli abusi e delle violenze subite dai prigionieri di Gaza nei centri di detenzione israeliani, in particolare a Sde Teiman?
Sì, si tratta di un dramma immenso. Nelle carceri israeliane si torturano i palestinesi in modo sistematico. Ci sono 10mila palestinesi imprigionati, la metà dei quali senza accusa e senza processo. È una cosa sconvolgente e altrettanto sconvolgente è l’inazione della comunità internazionale e dell’Europa dinanzi a questo sfacelo. In altri paesi siamo intervenuti per molto meno. Non è solo Sde Teiman. L’organizzazione israeliana B’Tselem parla di una rete di centri di tortura perché mancano all’appello migliaia di prigionieri palestinesi di Gaza che si sospetta siano detenuti in altri centri come Sde Teiman. Le condizioni di detenzione sono assolutamente disumane. Io stessa ho raccolto testimonianze di prigionieri che raccontano di essere stati picchiati, denudati, abusati sessualmente e derisi dal momento dell’arresto. Tenuti lunghe ore prima al freddo poi al caldo in gabbie all’aperto, coperti solo da un pannolino, con gli occhi perennemente bendati, stesi a terra e con l’ordine di non muoversi e non parlare. Hanno riferito anche della mancanza di cibo e cure mediche. Mi è rimasta impressa la testimonianza di un giornalista americano che parla dell’olezzo insopportabile di ferite non curate. Tra i prigionieri di Gaza, oltre a uomini e donne, sono presenti numerosi minori. Come dice B’Tselem non è questione solo di qualche elemento o di qualche centro detentivo. Sono stati coinvolti anche medici, tanti medici israeliani sono andati nei centri di detenzione. A diversi prigionieri sono state praticate amputazioni per la mancanza di circolazione del sangue negli arti per il tipo di strumenti usati per tenerli fermi. I palestinesi usciti vivi da questi centri sono irriconoscibili.
Ci sono anche denunce di violenze sessuali rivolte a soldati israeliani.
Palestinesi denunciano di essere stati penetrati con un estintore oppure con un bastone. È stato diffuso il video di un gruppo di soldati che abusano sessualmente di un prigioniero. Eppure, di fronte a ciò, gruppi di cittadini israeliani e perfino alcuni ministri e deputati si sono ribellati contro la polizia che voleva arrestare i soldati responsabili dello stupro. Questa è solo una fotografia ridotta di quello che sta succedendo nei centri di detenzione dove la maggior parte della gente è prigioniera solo perché è palestinese e non perché è affiliata ad Hamas.
Contro Israele e il suo premier Netanyahu e il ministro della difesa Gallant, sono stati avviati procedimenti per crimini di guerra e genocidio presso le due Corti internazionali dell’Aja. Anche tre leader di Hamas sono stato messi sotto accusa dalla Procura internazionale. Cosa prevede?
La Corte di giustizia internazionale (Cig) e la Corte penale internazionale (Cpi) quest’anno si sono interessate in tre istanze della situazione in Palestina. Si è appena concluso un procedimento importantissimo della Cig che ha decretato l’illegalità dell’occupazione israeliana nel territorio palestinese. Il procedimento alla Cig per genocidio a Gaza iniziato dal Sudafrica nei confronti di Israele prenderà sicuramente parecchio tempo. L’altro ha visto il procuratore Karim Khan chiedere alla Cpi di convalidare gli ordini di arresto per tre leader di Hamas, due dei quali sono stati uccisi da Israele, oltre che per Netanyahu e Gallant. Dopo le accuse rivolte ai leader israeliani si è alzata un’onda di resistenza da parte di alcuni paesi europei e occidentali. Il fatto che il passato governo britannico abbia sollevato un’eccezione di giurisdizione (poi ritirata dal nuovo governo laburista), ha aperto un calderone. Sono state presentate tantissime memorie che la Corte ora sta esaminando, tra cui quella della Germania che chiede di non investigare perché si comprometterebbero le possibilità di pace, anche se non è chiaro di quale pace si stia parlando. C’è uno schieramento occidentale a sostegno di Israele per permettergli di continuare a perpetrare i propri crimini. Quanto questo complicherà il corso della giustizia è difficile quantificarlo. La Corte non si pronuncerà sulla richiesta di arresti se prima non prenderà visione di tutte le memorie presentate, 64 per un totale di 640 pagine. Spero che questa cosa si risolva tra ottobre e dicembre, l’allungamento dei tempi favorisce l’impunità. Sarebbe ben diverso se ci fossero degli arresti e dei mandati di cattura.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
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