Caporalato. Braccianti indiani schiavizzati a Verona: «Segregati in casa»
Sfruttamento del Lavoro. Dopo il blitz, due arresti. Una trentina di braccianti indiani ricattati e costretti a ripagarsi i documenti sottratti
Due caporali sono stati tratti in arresto ieri, nelle campagne veronesi. I due cittadini indiani residenti a Cologna Veneta (Verona), sono ora in carcere con l’accusa di riduzione in schiavitù, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nei confronti di 33 connazionali.
Dalle indagini è emerso come i due reclutassero i braccianti con la promessa di un permesso di lavoro e la conseguente permanenza in Italia, al costo di 17 mila euro. Molte famiglie hanno impegnato ogni bene, altre si sono indebitate direttamente con i due caporali così da non ricevere neanche il minimo compenso fino all’estinzione del debito. Chi invece riusciva a pagare l’intera cifra riceveva una paga di soli 4 euro l’ora ed era costretto a lavorare senza sosta 10-12 ore al giorno, sette giorni su sette.
Una volta arrivati in Italia, per costringerli al silenzio, si vedevano sottratti i passaporti ed erano obbligati a non uscire mai dalle fatiscenti case in cui vivevano in condizioni igienico-sanitarie pessime, minacciati di ritorsioni fisiche in caso di rifiuto. I lavoratori venivano fatti salire già alle prime luci dell’alba a bordo di mezzi ricoperti da teloni, ammassati e nascosti tra le cassette di ortaggi, per poi essere trasportati nelle campagne e nelle serre della provincia scaligera. La scoperta era avvenuta dopo numerosi appostamenti eseguiti dalla Guardia di finanza di Legnago, che il 13 luglio aveva fatto scattare il sequestro preventivo di 475 mila euro nei confronti dei due uomini indagati, titolari di alcune ditte nel settore agricolo che risultavano però senza dipendenti formalmente assunti e anche evasori totali.
Dopo il blitz, uno dei due arrestati era scappato in India ed entrambi hanno iniziato a fare pressione sulle famiglie degli sfruttati, esortandole a ritirare le accuse nei loro confronti. Qualche giorno dopo il suo rientro in Italia, il Gip del tribunale di Verona ha fatto scattare l’ordinanza e disposto l’arresto su custodia cautelare per lui e il suo complice; «visto l’elevato rischio di inquinamento probatorio». Ora entrambi si trovano nel carcere Montorio di Verona. Per tutelare i braccianti da eventuali ritorsioni prima che avvenisse l’arresto, i servizi sociali della Regione Veneto e l’Organizzazione internazionale delle migrazioni gli hanno riconsegnato tutti i documenti e hanno collaborato tra loro per includerli in percorsi lavorativi, di inclusione sociale e per concedere i permessi di soggiorno per motivi di giustizia. Sperando che questa volta chi promette un futuro migliore non si riveli poi uno sfruttutore perfino peggiore. Favorito dalla scarsità dei controlli, troppo pochi se si vuole veramente contrastare l’illegalità che in questo settore attraversa il paese da decenni.
* Fonte/autore: Marco Pasi, il manifesto
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