Spagna. Yolanda Díaz si dimette da Sumar, che si dissolve
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Resta vicepremier e ministra. Paga il flop elettorale delle elezioni europee
BARCELLONA. Neanche un anno dopo le prime elezioni generali a cui si presentava, si dissolve l’esperienza Sumar. Guidato da quella che doveva essere la stella nascente del futuro della sinistra, Yolanda Díaz, il raggruppamento di partiti alla sinistra del Psoe, da cui Podemos era uscito in polemica per il tentativo di invisibilizzarlo, è clinicamente morto. Ieri pomeriggio la sua leader e fondatrice ha detto che lascia la guida di questo spazio politico, senza però abbandonare gli incarichi davvero rilevanti, quelli di ministra del Lavoro e vicepresidente del governo Sánchez. Anche perché bisogna adesso capire a quale titolo riveste il ruolo di vice, che fu di Pablo Iglesias, dato che ora non è più la leader del socio minoritario del governo.
I pessimi risultati che Sumar ha ottenuto domenica – solo tre seggi che, tra l’altro, hanno lasciato fuori l’eurodeputato Manuel Pineda di Izquierda Unida – hanno costretto la ex leader a farsi da parte. Iu è inviperita e ieri tutte le voci critiche con Díaz si sono lanciate stracci per la gestione dei negoziati sulle candidature (che qui sono bloccate e scorrono per ordine di lista). Podemos, che ha concorso da sola, ha ottenuto due deputati: il peggior risultato della sua storia, ma comunque uno smacco per Sumar. Persino in Catalogna, roccaforte dei Comuns – uno dei partiti più importanti di Sumar, che esprimeva il terzo candidato in lista – Podemos ha superato per voti la lista appoggiata fra gli altri dal peso massimo Ada Colau.
Da mesi era chiaro che la gestione verticistica di Díaz, con alcune scelte poco comprensibili (come dare il posto numero due a un partito valenciano molto piccolo, Compromís, o a una outsider poco conosciuta) stava facendo terra bruciata.
Ora si apre un periodo di enorme incertezza per la sinistra del Psoe e anche per gli stessi socialisti, che vedono in pericolo, per colpa della debolezza di Sumar, il loro futuro politico. Il commento più pungente è forse quello dell’ex leader di Izquierda Unida, Alberto Garzón, che in un tweet di qualche ora prima delle dimissioni di Díaz, scriveva: «Comincerei tenendo presente che l’interesse di farla pagare a un altro o altra è inversamente proporzionale al desiderio di risolvere davvero i problemi». Può leggersi come una critica sia a Podemos, sia a Sumar.
Insieme, i due partiti domenica hanno ottenuto meno voti che Iu, da sola, nel 2014, che ne ottenne più di un milione e mezzo. Quello fu l’anno dell’exploit di Podemos, che raggiunse quota un milione e duecentomila prefrenze alla prima elezione a cui si presentava. Assieme, le due formazioni avevano allora 11 eurodeputati su 59. Oggi solo 5 su 61.
Così si chiude la storia di una sinistra che aveva fatto sognare. E che invece si ritrova oggi a perdere la battaglia contro un partito fondato dall’inquietante influencer di estrema destra Alvise Pérez, senza programma e pieno solo di frasi vuote e fake news, che ottiene più voti di Sumar e tre europarlamentari. Sic transit gloria mundi.
* Fonte/autore: Luca Tancredi Barone, il manifesto
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