Catalogna. L’amnistia è legge, gli indipendentisti esultano
Il governo socialista trova una soluzione politica all’annoso conflitto. Ma la destra si oppone e la magistratura rema contro. Ora i giudici di destra proveranno a bloccarne l’applicazione per Puigdemont
BARCELLONA. Il parlamento spagnolo ha dato il via libera ieri alla prima legge d’amnistia della democrazia. L’ultima amnistia in Spagna era stata approvata nel periodo della Transizione, prima delle prime libere elezioni dopo la morte del dittatore Francisco Franco per cancellare con un colpo di spugna tutti i delitti compiuti dal regime.
QUELLA DI IERI INVECE, più prosaicamente, cancella tutti i reati commessi in relazione ai fatti dell’1 ottobre 2017, quando il governo catalano, allora guidato da Carles Puigdemont, convocò un referendum illegale secondo il governo centrale (allora guidato dal popolare Mariano Rajoy) e la Corte costituzionale (ma non secondo la maggioranza del Parlament catalano) e anche in relazione alla consultazione, assai meno dirompente, del 9 novembre 2014, convocata dall’allora presidente Artur Mas (che proveniva dallo stesso spazio politico di Puigdemont, la destra nazionalista catalana) per conoscere l’opinione dei catalani sul «futuro politico della Catalogna». In questa occasione non si arrivò al violento scontro istituzionale, giudiziario e anche militare che si visse nel 2017.
Dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza, sospesa proprio da Puigdemont, il governo catalano venne sollevato dalle sue funzioni – era la prima volta che veniva attivato l’articolo 155 della Costituzione – e molti leader politici responsabili vennero incriminati e processati, o fuggirono all’estero (come lo stesso Puigdemont).
L’APPROVAZIONE di questa legge di amnistia, a quasi un anno dalle ultime elezioni, è una vittoria politica del movimento indipendentista – così l’ha rivendicato ieri – contro tutti quelli che, socialisti compresi, fino a poco tempo fa la vedevano come fumo negli occhi. È anche, finalmente, una soluzione politica a un conflitto che non sarebbe dovuto uscire dai binari politici e che la destra centralista, con la connivenza dei socialisti, ha portato sul piano giudiziario e sul piano della violenta repressione della polizia contro persone che di fatto stavano mettendo nelle urne un pezzo di carta senza nessun valore legale, secondo la Corte costituzionale, per esprimere una mera speranza politica.
La destra ha continuato a opporsi veementemente a questa legge, cercando di bloccarla in tutti i modi in questi sei mesi. Persino ieri, dando spettacolo in parlamento. I socialisti hanno capito che era l’unico modo per garantirsi l’indispensabile appoggio dei partiti indipendentisti e chiudere la fase di scontro con la Catalogna. E gli stessi indipendentisti hanno saputo cogliere l’opportunità che, con un governo di altro colore politico, mai avrebbero potuto avere.
Fra i circa 400 potenziali beneficiari della legge, ci sono soprattutto gli attivisti e i poliziotti che li hanno repressi con violenza e anche i funzionari che per esempio hanno aperto le scuole, tutti con procedimenti penali aperti.
MA NATURALMENTE tutti gli occhi sono puntati sui vip: in primis, Puigdemont e i suoi ex ministri. In teoria la legge li blinda, sospende tutti gli ordini di cattura e dà due mesi ai tribunali per applicare l’amnistia. Nella maggior parte dei casi non famosi, le cose andranno lisce. Ma per Puigdemont in concreto e gli altri leader indipendentisti già si sa che molti giudici si opporranno ideologicamente e cercheranno di bloccarne l’applicazione, ponendo questioni di costituzionalità o appellandosi a corti europee.
Durante il dibattito, la legge è stata ritoccata varie volte per dare meno margini possibili ai giudici più intransigenti, ma la strada è ancora in salita, con una magistratura spagnola che, soprattutto ai suoi vertici, è apertamente allineata con il Pp e Vox. Vedremo se Puigdemont ci sarà alla sessione di apertura del Parlament catalano fra poche settimane.
* Fonte/autore: Luca Tancredi Barone, il manifesto
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