Slovacchia. Dopo l’attentato, arriva il tempo della paura

Slovacchia. Dopo l’attentato, arriva il tempo della paura

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La Commissione europea mostra di non considerare più la Polonia un fattore di destabilizzazione dell’Ue, mentre la Slovacchia è entrata nel novero degli osservati speciali, categoria di cui Budapest fa parte da tempo. L’attentato, ora, complica tutto

 

La Slovacchia aveva ripreso ad animare verso di sé un particolare interesse dei vertici Ue e della stampa europea col ritorno di Robert Fico al potere. Cosa, quest’ultima, avvenuta alla fine dello scorso ottobre. Tale interesse era dovuto al fatto che il leader di Smer-Sd (Direzione Socialdemocrazia) aveva preannunciato un programma politico da realizzare in veste di primo ministro, che non era piaciuto a Bruxelles e alle opposizioni interne. A dirla tutta le sue dichiarazioni avevano creato non poca inquietudine nelle sedi dell’Unione e nell’ex presidente slovacca, Zuzana Čaputová, in quanto promettevano la fine degli aiuti militari all’Ucraina da parte di Bratislava, cosa effettivamente avvenuta, esprimevano un atteggiamento benevolo nei confronti della Russia di Putin e, in generale, si sposavano con le scelte politiche del premier ungherese Viktor Orbán.

I due si trovano d’accordo su diversi argomenti e la volontà annunciata di Fico di voler rafforzare i controlli alla frontiera ungaro-slovacca per contrastare i flussi migratori che si spostano lungo il corridoio balcanico è senz’altro piaciuta all’”uomo forte” di Budapest. A questo si aggiungano la posizione e le esternazioni dell’attuale potere nei confronti di media progressisti e liberali, come riporta il Manifesto di oggi (17 maggio).

Di fatto il ritorno di Fico al potere e le modalità di esercizio del medesimo, non hanno fatto altro che accentuare le divisioni esistenti all’interno del paese. L’azione politica del premier ha aumentato la distanza tra governo e forze d’opposizione su temi fondamentali come il ruolo dell’informazione e la sua libertà, la gestione economica, i rapporti con l’Ue e con la Russia. In tutto questo si è mosso come Orbán che da quando è tornato a svolgere la funzione di primo ministro, quattordici anni or sono, ha agito senza tenere in minima considerazione il ruolo dell’opposizione, senza rispettarla, senza degnarla di un confronto diretto su temi centrali per il paese.

Gli aspetti controversi aumentano quando si pensi che Smer-Sd risulta sospeso dall’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici per la sua eccessiva dimestichezza con formazioni nazionaliste; una di queste, l’SNS (Partito Nazionale Slovacco), fa parte della coalizione di governo.

Il paese, già percorso da tensioni interne, ha reagito con indignazione, ma forse soprattutto con inquietudine all’attentato in cui il premier è rimasto ferito gravemente. Sei anni fa era stato scosso dall’omicidio del giornalista investigativo Ján Kuciak e della fidanzata, Martina Kušnirová. Il giovane, appena 27 anni, stava lavorando su una pista riguardante rapporti tra esponenti dell’esecutivo di allora e la ‘Ndrangheta. Questa indagine portò al brutale assassinio avvenuto il 21 febbraio del 2018 nella sua abitazione di Veľká Mača, nel distretto di Galanta. Un’ondata di sdegno accolse la notizia, seguirono le dimissioni a catena di diversi ministri e infine dello stesso Fico, il cui nome è certo legato a un governo caduto in circostanze tragiche che gettarono ombre inquietanti sulla vita politica del paese. Da qualche giorno in Slovacchia si va avanti all’insegna dei timori su quanto potrebbe avvenire ancora. L’attentato al capo del governo è il primo avvenuto contro un’autorità politica nella breve storia del paese, divenuto entità statuale indipendente il primo gennaio del 1993. Da allora sono passati 31 anni, e venti ne sono trascorsi dalla sua adesione all’Unione europea insieme ad altri dieci stati, tra cui l’Ungheria, la Repubblica Ceca e la Polonia.

Col ritorno di Fico al potere, si diceva, la Slovacchia ha preso a destare preoccupazioni presso i vertici Ue per orientamenti compatibili con le politiche orbaniane che sono una spina nel fianco dell’Ue; né è stato gradito a Bruxelles il fatto che la Slovacchia abbia partecipato, insieme all’Ungheria e alla Francia, con il suo rappresentante diplomatico in Russia, alla cerimonia di giuramento di Putin per il suo quinto mandato da presidente. Così, se la Commissione europea mostra di non considerare più la Polonia un fattore di destabilizzazione dell’Ue, ecco che la Slovacchia è entrata nel novero degli osservati speciali, categoria di cui Budapest fa parte da tempo. L’attentato, poi, complica tutto.

* Fonte/autore: Massimo Congiu, il manifesto



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