Serbia, Amnesty chiede il rispetto dei diritti dei rom

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Un problema che non riguarda solo la repubblica ex-jugoslava

Nel 1967 il film Skupljaci perja (I raccoglitori di piume), tradotto in italiano con il titolo Ho anche incontrato zingari felici del regista Aleksandar Petrovic – esponente dell’Onda nera, quella corrente di registi impegnati a raccontare i problemi sociali che il socialismo non era riuscito a risolvere – suscitò scandalo in Jugoslavia, descrivendo la realtà  di degrado, violenza ed emarginazione in cui viveva una comunità  rom in un villaggio della Vojvodina.
In una delle scene più famose del film, commentando l’ipotesi che la giovane Tisa vada a Belgrado, il protagonista del film chiede: “Cosa può fare a Belgrado? La puttana?”. “Può scegliere. Se fare la puttana o pulire le strade” risponde la sua interlocutrice, riassumendo così il fallimento della Jugoslavia socialista, che faceva un vanto del suo rispetto delle diverse nazionalità  che vivevano nel suo territorio, nel dare prospettive di vita migliore alla comunità  rom.

Con l’avvento delle guerre degli anni Novanta, i rom, popolo che delle guerre è stato sempre vittima e mai iniziatore, furono perseguitati e costretti alla fuga. In Kosovo vennero additati come filoserbi, accusa che in genere nascondeva la volontà  di scacciare i concittadini più scomodi. Molti di coloro che all’epoca approdarono come profughi negli stati dell’Europa occidentale sono stati negli ultimi anni gradualmente rimpatriati in seguito agli accordi di riammissione firmati dalla Serbia e sono andati ad aumentare il numero di abitanti abusivi delle baraccopoli che circondano la capitale.

Secondo i dati di Amnesty International, il 70 percento dei rom che vivono negli insediamenti illegali di Belgrado sono stati scacciati dal Kosovo in seguito al conflitto del 1999. Tali insediamenti sulla carta non esistono e ne consegue, per gli abitanti, l’impossibilità  di registrarsi e ottenere quei servizi elementari quali l’assistenza sanitaria, l’accesso all’istruzione e la possibilità  di ottenere un impiego in regola.

È della settimana scorsa un rapporto (l’ennesimo) di Amnesty International che accusa il governo serbo per gli sgomberi forzati che si sono succeduti dal 2009, anno di entrata in vigore di un piano di costruzione di nuove infrastrutture per la città  di Belgrado. La popolazione rom sgomberata è stata confinata in nuovi insediamenti fatti di container metallici all’estrema periferia della capitale o in altre sistemazioni nella poverissima Serbia del sud.

La realtà  della popolazione rom a Belgrado è drammatica e le sue prospettive non sono variate rispetto alla battuta del film sopracitato. Il rapporto di Amnesty International richiama le autorità  serbe al rispetto degli standard internazionali sui diritti umani; quanto internazionalmente questi standard siano riconosciuti, anche nei paesi occidentali, è un’altra questione su cui interrogarsi.


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