Bankitalia fotografa l’emergenza giovani “Sul mercato chance solo per i precari”

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ROMA – Un mercato del lavoro immobile, raggelato dalla Grande Crisi, che ha lasciato sul campo 650 mila posti e dal quale gli unici segnali di vitalità  arrivano dai contratti per l’interinale (+ 24 %), dalle forme di collaborazione e dai contratti a tempo (+ 5,4 %). Lavoro povero, senza prospettive, però. È un «processo di sostituzione» quello che sta avvenendo nel mercato del lavoro italiano del dopo recessione: il lavoro precario perlopiù giovane al posto di quello standard a tempo indeterminato (-1,7% in un anno, pari a 223 mila persone). E con i saggi di crescita dell’economia destinati – secondo le stesse tabelle dell’ultimo Documento di economia e finanza (Def) del governo – a restare sotto il 2%, il tasso di occupazione non si muoverà . Mentre quello di disoccupazione continuerà  a salire: dal 7,8 medio del 2009 all’8,4 del 2010. Se poi si considerano i lavoratori in cassa integrazione a zero ore si supera agevolmente l’asticella del 10%. E si allunga anche il tempo in cui si rimane senza lavoro: il numero delle persone in cerca di occupazione da più di un anno è cresciuto del 7,4%. Il Bollettino economico della Banca d’Italia, oltre a lanciare l’allarme sulla bassa crescita dell’economia e ha ricordare che i vincoli imposti dal nuovo patto di stabilità  europea richiederanno entro il 2014 una manovra correttiva intorno ai 35 miliardi di euro, offre l’ennesima chiave di lettura sulla profondità  della crisi. Ci sono tendenze che cominciano a strutturarsi sulla base dei dati reali e non delle previsioni. È vero, si sono arrestati i licenziamenti che si erano impennati nel 2009, ma a ripartire sono le assunzioni con contratti di lavoro interinale (o in affitto) e di collaborazione. E – sulla base dei dati provenienti dai centri dell’impiego delle aree del centro nord – gli economisti della Banca d’Italia sottolineano che «sono rimaste estremamente contenute le assunzioni a tempo indeterminato e le trasformazioni dei contratti a termine in posizioni permanenti». Insomma non solo declina il lavoro standard ma si è inceppato anche il canale dei contratti a tempo determinato per entrare in una condizione di stabilità . È come se esistesse solo il mercato del lavoro precario, a basso costo, con basse tutele e incapace di garantire un futuro previdenziale. Perché la pensione, anche se futura, è l’altra faccia del lavoro. Ed è interessante, per capire questa sorta di metamorfosi del lavoro dipendente, vedere come la domanda di lavoro sia cresciuta solo nel settore dei servizi (soprattutto privati), trainata dalle assunzioni delle donne straniere impegnate nelle famiglie. Insomma le badanti, figura legata direttamente all’invecchiamento della popolazione. Ma anche un altro segnale di fragilità  del sistema. D’altra parte la «lieve» crescita dell’occupazione nell’ultimo trimestre del 2010, rispetto all’anno precedente, è da attribuire all’incremento della componente femminile (+ 1,2 %, pari a 114 mila persone), «per oltre la metà  – si legge nel Bollettino – riconducibile a donne straniere», che ha compensato l’ulteriore calo della componente maschile (-0,7 %, -100 mila). Così come continua la discesa dell’occupazione nell’industria (-2,4 %, pari a 159 mila persone). Dunque, indietreggiano l’industria e l’occupazione maschile e risale quella «povera» femminile. Ma soprattutto diminuisce il numero degli occupati con meno di 25 anni: -4%, pari a 51 mila giovani in più che hanno perso il lavoro nell’ultimo quadrimestre del 2010.


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