Riarmo. L’Europa prepara la macchina da guerra
Presentata la strategia per la difesa comune: per partire ci sono 1,5 miliardi, se ne sognano 100. L’obiettivo è che il valore degli scambi intra-Ue sia almeno al 35% entro il 2030
PARIGI. L’Europa si riarma. L’Unione, nata con l’obiettivo di garantire la pace, oggi afferma di volere «l’integrazione della difesa nell’insieme di tutte le politiche», la Bei interverrà per i finanziamenti. Il commissario al Mercato unico, Thierry Breton, insiste sulla necessità che l’apparato militare-industriale europeo produca «di più, meglio, assieme» e prevede investimenti sui 100 miliardi l’anno. Ma i finanziamenti attuali sono molto lontani da questa cifra: ci sarà un nuovo prestito comune, per arrivare a 400 miliardi entro il 2027?
La Ue si sente con le spalle al muro in seguito al ritorno della guerra sul suo suolo, con l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, mentre teme il disimpegno Usa con la minaccia di una vittoria di Donald Trump. Ieri a Bruxelles è stata presentata la «prima strategia dell’industria della difesa» della Ue, che intende agire sia sull’offerta che sulla domanda, per voltare definitivamente la pagina dei trent’anni di diminuzione della produzione bellica, in seguito alla fine della guerra fredda e dei “dividendi della pace”.
LA “STRATEGIA” PREVEDE un’azione nell’immediato e un programma di medio-lungo termine. E specifica che l’Ucraina sarà strettamente integrata nelle iniziative Ue sulla difesa. Nell’immediato, c’è la volontà di accelerare gli acquisti congiunti di armamenti e munizioni per fornire l’Ucraina, sul modello degli acquisti comuni dei vaccini del Covid. Sul medio periodo, c’è il progetto di «spingere la capacità industriale di difesa nei prossimi 5 anni», ha precisato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Un’urgenza «esistenziale» ha insistito Breton.
Emmanuel Macron, ieri a Praga, ha invitato i partner a «non essere vigliacchi» di fronte alla «guerra tornata sul nostro suolo», a «essere all’altezza della storia», pur continuando a mantenere «l’ambiguità strategica» e a non «entrare nella logica dell’escalation» contro la Russia, ma di nuovo senza escludere l’invio di truppe.
I BUDGET MILITARI dei paesi Ue sono aumentati del 6% nel 2022 (ieri la francese Thalès ha festeggiato un aumento-record del fatturato). Ma il 75% degli acquisti Ue di materiale militare sono stati extra-comunitari, il 68% in Usa. La lobby Usa militare-industriale già accusa la Ue di «protezionismo». Von der Leyen risponde: «La sovranità europea non lederà l’alleanza Nato». L’obiettivo è che il valore degli scambi intra-Ue sia almeno al 35% entro il 2030 e che il budget delle acquisizioni belliche all’interno della Ue salga al 50% nel 2030 e al 60% nel 2035. Nel 2022, gli Usa hanno speso per la difesa 250 miliardi, la Ue 58, in modo frammentato (la difesa resta di competenza nazionale).
SUL FRONTE DELLA DOMANDA, l’obiettivo è far salire dal 18% al 35-40% gli acquisti in comune. La Repubblica ceca ha un programma di acquisti in comune per venire incontro alla domanda di Volodymyr Zelensky, una quindicina di paesi aderiscono, 300 milioni sono stanziati nell’immediato come co-finanziamento comunitario, per acquisti fuori dalla Ue, 800mila obici per l’Ucraina potrebbero essere comprati «in qualche settimana». La Francia, che aveva difeso un Buy European Act, dovrebbe piegarsi a questo programma, perché la produzione Ue non segue la domanda.
PER IL PROGRAMMA europeo di investimenti nella difesa ci sono però solo 1,5 miliardi, che potrebbero raddoppiare se la Ue deciderà di utilizzare gli utili dei 200 miliardi della Banca centrale russa, ora congelati (il grosso in Belgio). Ci sono problemi giuridici e alcuni stati (Francia e Germania in testa) hanno espresso preoccupazione sulla tenuta dell’euro e dell’attrattività dell’area nel mondo, in caso di sequestro (illegale) di averi di un paese terzo. Ma Usa e Gran Bretagna premono per l’uso degli utili: di qui al 2027, potrebbero esserci 15 miliardi disponibili, per finanziare gli aiuti militari all’Ucraina.
A MEDIO-LUNGO TERMINE, c’è il rilancio dell’industria bellica europea, che ha iniziato a crescere (si passa dalla produzione di meno di 500mila munizioni a 2 milioni nel 2025). Il modello da seguire, per Bruxelles, è quello Usa: una traduzione europea del Defense Production Act e Foreign Military Sales (che prevede uno stock per essere pronti all’export verso gli alleati in caso di necessità). La Ue co-finanzia il rilancio di una ventina di siti industriali. Per il momento, il Fondo europeo di Difesa, lanciato nel 2021, è dotato di 8 miliardi per la Ricerca e Sviluppo, mentre il Fondi di sostegno alla produzione industriale, lanciato a fine 2023, è sottodotato con 500 milioni.
* Fonte/autore: Anna Maria Merlo, il manifesto
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