«Distorti tutti i nostri valori La mia era un’altra Palestina»

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L’assassinio di Vittorio Arrigoni fa sbiadire quell’epoca: i palestinesi che uccidono un pacifista italiano che si svenava per loro… «È vero— dice Sari Nusseibeh — anche i palestinesi sono scioccati. Quello a cui si assiste, è questa distorsione dei nostri valori, religiosi o politici. Ancora una volta, c’è chi ci usa. Ma questi gruppetti di violenti devono essere scacciati dalla nostra società » . Damasceno di nascita, 62 anni, laureato a Oxford, già  in cattedra alla Hebrew University e ora presidente della Al-Quds University, decine di libri che hanno segnato la questione mediorientale, Nusseibeh è una mente filosofica partorita dall’aristocrazia palestinese: la sua famiglia, dai tempi ottomani, custodisce le chiavi del Santo Sepolcro. «Quest’omicidio è uno choc per la nostra storia di scambio coi volontari. Le Ong italiane ci hanno aiutato per anni: al di là  delle politiche governative, credo siano il più tenace legame fra i nostri mondi. I palestinesi amano gli italiani e viceversa, sono sicuro che tragedie come questa non romperanno il rapporto emotivo che ci lega. Bisogna però che nella società  palestinese sia chiaro: non basta l’ospitalità , serve qualcuno che dica che queste forme d’estremismo ci sono estranee. Spero che si facciano sentire le voci moderate, che esistono anche a Gaza» . Qualcosa è cambiato, però: i laici d’una volta dove sono finiti? «Il confronto politico con quello che sempre più si sta caratterizzando come uno Stato religioso — lo Stato degli Ebrei— contribuisce a rendere la società  palestinese altrettanto religiosa. Quando i volontari italiani cominciarono ad aiutarci, eravamo di sicuro un’altra Palestina, con meno pregiudizi. Purtroppo, una quindicina d’anni fa è cominciato un confronto fra due Stati che hanno cercato di caratterizzarsi per il loro carattere nazionale o religioso, non per il loro assetto di Paesi secolarizzati. Per questo la minaccia religiosa sta crescendo, da una parte e dall’altra. Il risultato è questo continuo aggrapparsi a rimasugli del tuo passato, alla tua memoria, al significato spirituale di Gerusalemme. Se un nemico minaccia di spazzarti via con le tue tradizioni religiose, che cos’aspetti a difenderti, ragazzo? La tua missione è di proteggere le tue radici. E allora, ecco qui i salafiti di Gaza» . Li considera un foruncolo, poco più: «I salafiti sono gente fuori dal mondo. Collegati a simili gruppi nel mondo musulmano più selvaggio. Vivono nel passato, mi ricordano i quaccheri in giro per l’America: minuscoli, isolati, fanatici. Solo che questi sono molto più pericolosi. Al momento non sono una vera minaccia per la Cisgiordania, perché stanno ai margini. Non credo nemmeno che abbiano una reale possibilità  di crescita. Però sono molto ambiziosi. Provano a mettere in imbarazzo il governo di Hanyieh, perché vedono lo sforzo che Hamas sta facendo di rendersi presentabile agli occhi della comunità  internazionale» . Qualcuno dice: se non si dialoga con Abu Mazen, arriva Hamas; se non si dialoga con Hamas, arriva Al Qaeda… La morte di Arrigoni può essere una svolta? «Non lo so. Hamas ha vinto le elezioni con metodo democratico. Può piacere o no, ma è così. I governi occidentali avrebbero dovuto intraprendere un dialogo fin dall’inizio. Non sto dicendo che si debba essere d’accordo. Dico che è sempre importante parlarsi. Perché dopo Hamas ci sono i salafiti, e quella è gente con cui non si dialoga. Al Qaeda? È una struttura amorfa, non organizzata. Ha perso la sua sfida: gran parte del mondo musulmano, anche quello che solo simpatizzava, le ha voltato le spalle. Lo stanno dimostrando le rivolte arabe. A Gaza, credo che il sostegno sia insignificante. Se domani ci fossero nuove elezioni, nella Striscia, i salafiti non esisterebbero. E non sono affatto convinto che Hamas vincerebbe. Date alla gente di Gaza una luce in fondo al tunnel, e vedrete che si libererà  di Hamas, dei salafiti e di tutta questa roba con grande rapidità » .


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