Usa, l’onda lunga di Fukushima
Nel frattempo i rifiuti di Fukushima se ne andranno a spasso per gli Oceani, seguendo le correnti, i mulinelli, le maree. E’ Jan Hafner, dell’International Pacific Research Center del campus di Honolulu ad aver elaborato un modello che prevede – in un arco di tempo limitato – la contaminazione di tutta la costa pacifica degli Usa. Da Baja, in California, all’Alaska. “La ‘nuvola’ di detriti si dirigerà poi a sud-est, finendo entro cinque anni nell’isola di rifiuti chiamata ‘Garbage Patch‘ – spiega Hefner -, dalla quale si staccherà di volta in volta per colpire nuovamente le Hawaii”. Il garbage patch è il nome non scientifico assegnato a una formazione nel mezzo dell’Oceano che contiene plastica, fanghi industriali e altri detriti aggregatisi a causa delle correnti circolari del Pacifico. Oceanografi e ricercatori stimano che la chiazza di immondizia sia grande due volte il Texas.
Hafner spiega che non è facile prevedere cosa porteranno esattamente le onde di detriti, se e quale grado di tossicità avranno, ma aggiunge che alcuni di questi potrebbero essere tanto grandi da non poter essere ridotti da erosione e organismi marini. A causa di questo la radioattività potrebbe essere trasportata fino alle Hawaii e oltre.
Bruno Giorgini, professore di Fisica all’università di Bologna, è convinto che i rifiuti radioattivi possano raggiungere le coste americane molto prima. “Dalle quattro alle otto settimane. Senza contestare in nessun modo le previsioni dei ricercatori americani, io parto da un modello molto semplice: la diffusione nell’acqua di particelle colorate. Nel giro di alcuni giorni, se le disperdo a Marina di Ravenna, per esempio, queste possono arrivare fino a Sidney. Certo, gli scienziati alle Hawaii hanno preso in considerazione le correnti, calcolando con estrema precisione il tutto”. Il docente sostiene che il problema è capire che tipo di radioattività sprigionino i rifiuti, se il decadimento avviene in mesi, anni o centinaia di anni. “L’incidente di Fukushima è molto più grave di quello di Chernobyl, perché allora la diffusione avenne solo per aria e terra, mentre in Giappone è coinvolto anche il mare. Una catastrofe molto più seria e prolungata di quelle che si sono verificate nella storia nucleare – dice Giorgini – per la quale i tecnici della Tepco dovrebbero essere incriminati. Perché non essere intervenuti subito, e nel modo più drastico possibile, ha portato alle attuali conseguenze: è stato commesso un crimine contro l’umanità “.
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