I media, molti cittadini israeliani (e stranieri) sui social e il ministro della Sicurezza, Itamar Ben Gvir, hanno celebrato il blitz a Jenin. Secondo la versione ufficiale israeliana i tre – Basil Al Ghazawi, suo fratello Mohammad, e Mohammad Jalamna – erano «terroristi importanti» di Hamas e del Jihad «armati di una pistola», una «bomba ad orologeria», da eliminare subito perché intenzionati a compiere un attacco contro le colonie israeliane della zona di Jenin simile a quello del 7 ottobre.

I palestinesi non negano l’appartenenza degli assassinati a formazioni armate, a Jenin sono anche apparsi poster commemorativi con i tre giovani con le armi in pugno. Non confermano però che avessero in mente di realizzare l’attacco di cui parla Israele. I medici dell’Ibn Sina ieri riferivano che Basil al Ghazawi, era ricoverato dalla fine di ottobre per le gravi ferite riportate in un attacco di un drone israeliano contro un gruppo di militanti palestinesi riuniti nel cimitero della città (quattro morti, tra cui un quindicenne). A distanza di tre mesi le sue condizioni restavano gravi. Il fratello e l’altro palestinese gli facevano da scorta.

Al di là delle due versioni, resta il fatto, denunciano i palestinesi, che Israele tratta sempre di più gli ospedali della Cisgiordania come quelli di Gaza, ossia come «basi del terrorismo» e non come strutture sanitarie da rispettare e salvaguardare. «Siamo preoccupati dall’escalation. Il nostro ospedale è già stato circondato varie volte dall’esercito israeliano e ci aspettiamo abusi e violazioni ancora più gravi in futuro» aveva previsto appena qualche giorno fa il dottor Tawfiq al Shobaki, capo del Dipartimento di chirurgia generale dell’Ibn Sina. Per il segretario del partito dell’Iniziativa Nazionale, Mustafa Barghouti, che è anche un medico, i tre omicidi a Jenin sono avvenuti in un «vergognoso silenzio internazionale». Ciò che le forze israeliane «hanno fatto all’ospedale di Jenin» ci ha detto ieri Barghouti «è stato un palese e completa violazione del diritto umanitario internazionale che protegge gli ospedali, i pazienti e il personale sanitario». Per l’esponente palestinese il pericolo più grosso è «il silenzio della comunità internazionale che accompagna queste gravi violazioni israeliane».

Il quadro peggiora ovunque in Cisgiordania all’ombra dell’offensiva israeliana a Gaza – scattata dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele (1.200 morti e circa 250 israeliani sequestrati) – che ha ucciso fino ad oggi oltre 26mila palestinesi. Nell’ultima settimana le forze israeliane hanno ucciso 14 palestinesi in incursioni in città e villaggi descritte dai comandi militari come «operazioni contro il terrorismo». I centri abitati presi di mira sono sempre Nablus, Jenin e Tulkarem ed i loro campi profughi, ma non sono immuni dai raid Dheisheh (Betlemme) e i villaggi nei distretti di Ramallah e Hebron. L’uso dei droni si è fatto massiccio, ormai accompagna regolarmente le incursioni delle forze israeliane. Qualche giorno fa un aereo senza pilota ha ucciso cinque palestinesi nel campo di Balata. Erano quasi tutti dei combattenti ma a Jenin, a inizio mese, un drone ha colpito e ucciso sette civili, tra cui quattro fratelli. A Tulkarem due bulldozer e decine di jeep militari hanno fatto irruzione nella città e circondato i suoi due campi profughi posizionando, secondo testimoni, cecchini nei pressi degli ospedali. Poi hanno distrutto strade e infrastrutture nel rione di Tammam. Il raid è andato avanti per giorni. Negli scontri a fuoco sono rimasti uccisi sei palestinesi. In Cisgiordania sono 58 i palestinesi uccisi dall’inizio del 2024 e 377 dal 7 ottobre. A ciò si aggiungono le conseguenze economiche delle restrizioni imposte da Israele negli ultimi quattro mesi. Jenin, riferisce l’economista Sabri Yaqouba, ha perduto 25 milioni di dollari per le chiusure attuate dall’esercito israeliano. Perdite per decine di milioni ha subito anche Nablus.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto