Khan Yunis invasa: Israele vuole allagare i tunnel, ostaggi «dimenticati»
La seconda città della Striscia attaccata via terra. Wall Street Journal: cinque pompe per allagare le gallerie sotterranee di Hamas. Oltre 16mila palestinesi uccisi in 60 giorni di offensiva. Unicef: le zone designate dall’esercito come «sicure» sono edifici in rovina, angoli di strada e marciapiedi
GERUSALEMME. Nel 60esimo giorno di guerra, il generale Yaron Finkelman ha riferito con soddisfazione della giornata di combattimento «più intensa» in cinque settimane di offensiva di terra israeliana a Gaza. Incursioni e attacchi ovunque: a sud nel cuore di Khan Yunis ormai circondata, e a Shujayeh e Jabaliya nel nord. Per i civili palestinesi il 60esimo giorno di guerra, è stato tra i più spaventosi, gli ospedali hanno ricevuto decine di morti e feriti. «Siamo nel giorno più intenso dall’inizio dell’operazione di terra», ha sottolineato Finkelman «siamo nel cuore di Jabaliya, nel cuore di Shujayeh e ora anche nel cuore di Khan Younis. Questa è la giornata più intensa in termini di terroristi uccisi, numero di scontri e attacchi…Abbiamo intenzione di continuare ad attaccare per incrementare i risultati ottenuti». Herzi Halevi, capo di stato maggiore dell’esercito, ha aggiunto ieri sera che le forze israeliane continuano a combattere per consolidare il controllo su Gaza City e altri luoghi nel nord.
Una pioggia di fuoco incessante ha investito Khan Yunis e i suoi sobborghi. Carri armati e gigantesche ruspe militari sono avanzati verso il centro cittadino sparando e abbattendo edifici e strade. Dietro di loro i mezzi corazzati per il trasporto delle truppe hanno scaricato in punti diversi i soldati incaricati, come dice Israele, «di stanare leader e militanti di Hamas» che si nascondono nelle case e nelle gallerie costruite sotto la città. Stesse scene nel nord della Striscia e a est di Gaza city, dove i bombardamenti aerei e di artiglieria hanno ridotto in polvere altre decine di edifici.
È la giornata più intensa in termini di terroristi uccisiL’esercito israeliano, rivelava ieri il Wall Street Journal sta ora valutando l’ipotesi di allagare le gallerie sotterranee a Khan Yunis e nel resto di Gaza. Cinque grandi pompe sono già state montate a nord del campo profughi di Shati, ciascuna in grado di riversare migliaia di metri cubi di acqua di mare nei tunnel. Il passo non è stato ancora fatto perché in quelle gallerie ci sono anche i 138 sequestrati israeliani e stranieri, tra cui 20 donne, prigionieri di Hamas e di altre organizzazioni. In un incontro tra il gabinetto di guerra e le famiglie degli ostaggi, il primo ministro Netanyahu ha detto che «al momento non è possibile riportarli tutti indietro». Danny Miran, il cui figlio Omri è stato rapito, ha replicato che è «una vergogna». Da parte sua Hamas ha ribadito che non negozierà altri rilasci di ostaggi se Israele non fermerà la sua offensiva. Le Brigate Qassam, l’ala armata del movimento islamico, ieri affermavano sul loro canale Telegram di aver inflitto altre perdite agli israeliani, oltre a lanciare razzi nell’area di Tel Aviv ed Ashqelon (4 feriti leggeri). A Khan Yunis avrebbero distrutto totalmente o parzialmente 24 veicoli e riempito di esplosivo un edificio con una postazione dell’esercito israeliano, causandone il completo crollo uccidendo molti soldati. Da parte di Israele non ci sono conferme, però ieri sono stati comunicati i nomi di altri soldati morti in combattimento: sono 79 dal 28 ottobre quando è cominciata l’offensiva di terra.
In questo inferno che dura da due mesi, i civili palestinesi, anche ieri, a decine, sono stati uccisi o feriti. «Per la vostra sicurezza, restate nei rifugi e negli ospedali dove vi trovate. Non uscite. Uscire è pericoloso. Siete stati avvisati», si legge nei volantini lanciati da Israele ai residenti di sei distretti, pari a circa un quarto della popolazione di Khan Younis. Nelle strade la realtà è decisamente diversa. Gli abitanti di Gaza dicono e le Nazioni unite confermano che non esiste un posto sicuro, con scuole e rifugi che non hanno più spazio per gli sfollati. James Elder, portavoce dell’Unicef, ha spiegato che le poche piccole aree designate come «sicure» da Israele sono semplicemente «piccoli appezzamenti di terra arida», angoli di strade, marciapiedi o edifici costruiti a metà inadatti per centinaia di migliaia di persone in condizioni disperate e bisognose di riparo. A peggiorare le condizioni di vita è anche il maltempo, con la pioggia che ha allagato e riempito di fango le strade sventrate dalle bombe.
I miei genitori sonosotto le macerie. Voglio la mia mammaÈ lungo l’elenco della strage nel 60esimo giorno di bombe e cannonate. A Deir al Balah, a nord di Khan Younis, almeno 45 persone sono state uccise da missili e bombe cadute su diversi edifici, ha detto dottor Eyad Al Jabri, a capo dell’ospedale Shuhada Al Aqsa. Al Nasser di Khan Younis, i feriti sono arrivati in ambulanza, automobili, camion e carretti tirati da asini. I feriti hanno riferito di una scuola utilizzata come rifugio dagli sfollati colpita da una bomba. Ogni centimetro di spazio dell’ospedale – ci ha raccontato un collega palestinese a Deir al Balah – è stato occupato dai feriti mentre i medici correvano da un paziente all’altro tra i parenti in lacrime. Un infermiere ha trasportato il corpo di un ragazzo morto, in tuta da ginnastica e lo ha messo in un angolo, con le braccia allargate sulle piastrelle sporche di sangue. «I miei genitori sono sotto le macerie. Voglio mia mamma, voglio la mia famiglia», urlavano due ragazzini feriti. Sono 15.900 i palestinesi uccisi dall’inizio dell’offensiva israeliana afferma il ministero della sanità a Ramallah, quello a Gaza riferisce un bilancio più alto: 16.248.
Tensione alta anche al confine tra Libano e Israele. Tre razzi sono stati lanciati dal movimento sciita Hezbollah su Kiryat Shmona. Un soldato libanese è stato ucciso e altri tre feriti dai bombardamenti israeliani.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto
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