Draghi: “Nodi irrisolti in Italia crescere del 2% per risanare”

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TORINO – A differenza di quanto accade in altri paesi, per l’Italia la crisi è stata inutile. Non è servita infatti a quelle riforme strutturali che pure erano necessarie. Inaugurando a Torino la «Biennale democrazia» presieduta da Gustavo Zagreblesky, il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi propone un’analisi severa: «Il nostro paese, non corresponsabile della crisi, vi è entrato già  debole, ha pagato un prezzo alto di riduzione del reddito e dell’occupazione, ne esce con i suoi problemi strutturali ancora da risolvere». Lo dimostra il fatto che il ritmo di crescita è basso: «Se negli Stati Uniti il prodotto interno ha recuperato il livello precedente la crisi, nell’area euro esso è ancora inferiore del 3 per cento» ma in Italia il ritardo «è del 5 per cento». Per questo «se continuiamo a crescere a livelli dell’1 per cento all’anno, ci vorranno cinque anni per raggiungere in Italia il livello pre-crisi». Un tempo lungo che rischia di aumentare lo squilibrio tra l’economia italiana e quella degli altri paesi europei. La condizione per la risalita è quella di «una crescita intorno al 2 per cento con una riduzione della percentuale di debito sul pil dello 0,5 per cento al netto degli effetti del ciclo economico». Uno sforzo notevole che comunque «nel medio periodo» ci verrà  imposto dall’Europa: «E’ un impegno – avverte il governatore – già  sottoscritto dagli stati membri. Si propone una regola numerica che impone ai paesi con debiti superiori al 60 per cento del pil di ridurre lo scostamento del 5 per cento ogni anno». Uno degli effetti della differente crescita nei paesi dell’euro è il rischio che le politiche monetarie pensate per le aree dove più forte è la ripresa, abbiano effetti negativi in quelle in cui il pil sale meno. Un caso è quello dell’aumento dei tassi di interesse, decisi dalla Bce per stringere i cordoni della borsa evitando di alimentare l’inflazione quando la fase più dura della crisi è passata. Draghi annuncia di fatto nuovi aumenti del costo del denaro: «Stiamo valutando tempi e modi del rientro dall’impostazione eccessivamente espansiva che ha caratterizzato la politica monetaria in Europa dopo la crisi; essa rimane, anche dopo il rialzo dei tassi di interesse deciso la scorsa settimana, molto accomodante». Ma un aumento del costo del denaro tarato sul pil medio dell’area euro, può avere effetti depressivi su un’economia, come quella italiana, che cresce solo dell’1 per cento all’anno. Che i tassi tendano a crescere lo conferma, peraltro, anche il presidente di Intesa San Paolo, Andrea Beltratti, a commento del discorso del governatore: «Credo che i mercati si attendano un altro paio di aumenti entro la fine dell’anno». Dunque il rischio è che l’Italia non sappia cogliere l’occasione schumpeteriana della crisi per rimettere ordine nel suo sistema economico. Il governatore ripercorre rapidamente la storia dell’economia nazionale: «La nostra capacità  di sviluppo, impetuosa a fine Ottocento e poi ancora dopo la seconda guerra mondiale va ritrovata per sciogliere i nodi che stringono le nostre prospettive di crescita. La politica economia deve saper creare quell’ambiente istituzionale in cui la capacità  dell’economia di svilupparsi possa dispiegarsi appieno».


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