Contro il patriarcato. Atti di resistenza dalla Turchia all’America latina
Manifestanti fermate a piazza Taksim, a Istanbul. «Cimitero delle donne» davanti al governo messicano
Già il 24 novembre le strade di Istanbul erano state blindate, in particolare l’accesso a piazza Taksim e alle vie centrali della città, sorvegliate da poliziotti in tenuta antisommossa. Questo non ha fermato qualche centinaio di manifestanti femministe e di associazioni Lgbtq+, che si sono messe in marcia dal quartiere di Mecidiyekoy, dirette a piazza Taksim – dove sono state fermate dalla polizia – nella Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Manifestazioni che si sono tenute anche in altre città turche, dalla capitale Ankara a Izmir, Tunceli, Eskisehir. A Konyaaltı, nella regione di Antalya, è stato organizzato un evento ispirato alla leggenda giapponese degli Orizuru, gli origami a forma di gru: mille donne ne hanno appesi altrettanti agli alberi per avverare il desiderio della fine della violenza contro le donne, particolarmente feroce in Turchia – uscita nel 2021 dal protocollo di Istanbul per volere di Erdogan – dove i dati della Federazione delle associazioni delle donne turche parlano di 323 vittime fra gennaio e settembre di quest’anno, la maggioranza uccise dai mariti o i partner. Eppure proprio ieri il presidente turco ha affermato pubblicamente che lasciare il Protocollo contro la violenza di genere «non ha avuto la minima ripercussione negativa».
NUMERI altissimi anche in America latina secondo i dati raccolti dall’Osservatorio sull’uguaglianza di genere dell’America Latina e dei Caraibi: 4.050 donne uccise nel 2022 – vuol dire che «ogni due ore una donna è morta violentemente» -, nei soli 26 paesi della regione che hanno comunicato le informazioni relative al proprio territorio.
Un cimitero, come quello rappresentato alla vigilia della Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne dalle famiglie delle vittime di femminicidio a Città del Messico, davanti al Palazzo nazionale. Decine di lapidi di carta con l’iscrizione «femminicidio», foto delle vittime e candele che illuminano la manifestazione silenziosa davanti alla sede del governo federale, mentre alcune madri delle vittime si spingono fino alla residenza del presidente Andrés Manuel López Obrador per lasciare dei messaggi da parte di coloro che non ci sono più: «Stato femminicida», «Non mi sono suicidata, mi hanno uccisa».
La capitale messicana è stata poi teatro, ieri, della manifestazione contro la violenza di genere partita alle 10 del mattino dalla Colonna dell’Indipendenza e diretta verso Piazza della Costituzione. Insieme a decine di altre piazze latinoamericane, da Bogotà a Buenos Aires alla Plaza Uruguaya di Asunción, in Paraguay, la patria delle mariposas, le tre sorelle Mirabal, uccise dal dittatore Trujillo, a cui è dedicata la Giornata.
O A EL SALVADOR, dove le organizzatrici della manifestazione denunciano a La Prensa che il Paese «è diventato uno dei tre dell’America Latina più pericoloso per donne e ragazze»: sono 5.203 i casi di violenza sessuale nel 2022 (un aumento del 47% rispetto al 2021), mentre negli ultimi tre anni sono stati documentati 28 femminicidi. Cioè accertati, perché le sparizioni di donne e ragazze nel solo 2022 raggiungono quota 306.
A La Paz, in migliaia hanno marciato già il 24 novembre: insieme alle associazioni manifestavano sindacati, contadini e alcuni rappresentanti delle istituzioni pubbliche. Nella Plaza Murillo della capitale boliviana, sede del Congresso, ci si è appellati ai parlamentari perché approvino le «modifiche fondamentali» alla legge 348 (per garantire alle donne una vita senza violenza). Manifestazione anticipata alla vigilia del 25 anche in Cile, dove nella capitale Santiago si è sfilato al grido di «non un passo indietro». Nel Paese si sono registrati quest’anno 40 femminicidi e proprio ieri il ministero delle Donne e dell’uguaglianza di genere ha lanciato la campagna «Arriviamo a zero. Contiamo tutti per ridurre la violenza contro le donne». In Cile le vittime non denunciano le violenze subite, ha affermato la ministra Antonia Orellana. «In primo luogo perché sentono che non otterranno giustizia».
MANIFESTAZIONI anche in tutta Europa: due a Madrid – la mattina e la sera – ad Atene, Parigi e anche in varie località della Serbia. A New Delhi, nella capitale del Paese dove la violenza contro le donne è un’epidemia, un gruppo di donne ha sfilato per strada in un semplice, e pericolosissimo, gesto di sfida: camminavano senza uomini ad accompagnarle.
* Fonte/autore: Giovanna Branca, il manifesto
ph by Juan Carlos Fonseca Mata, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
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