È stato colpito agli arti dalle schegge generate dall’esplosione di missili. Abud è in grave pericolo, scrive in un appello il dottor Dario Fichera, volontario più volte a Gaza. Deve essere operato d’urgenza perché rischia infezioni e sepsi. «Ha bisogno di due interventi chirurgici urgenti per rimuovere le schegge – ci diceva ieri Fichera – ma non è possibile eseguirli. Il sistema sanitario al collasso a Gaza non permette più questi interventi, per mancanza di farmaci, infrastrutture, dispositivi, condizioni igienico-sanitarie. Chiediamo alle autorità italiane di attivarsi per far trasferire Abud dove potrà essere operato».
Il giovane palestinese potrebbe morire per una gangrena e il Fichera e gli altri suoi amici italiani sperano che pressioni umanitarie internazionali possano salvarlo. Ma è una situazione disperata. Nella sua stessa condizione si trovano tanti altri pazienti, ammalati e feriti gravi dai raid aerei, per i quali l’avvenuto stop dello Shifa e di tutti gli ospedali di Gaza city e del nord della Striscia significa spesso la condanna a morte. Decessi già avvenuti, riferiva ieri il ministero della sanità di Gaza, per sette neonati prematuri che la mancanza di elettricità ha costretto i pediatri dello Shifa a togliere dalle incubatrici. Stessa sorte è toccata a 27 pazienti in condizioni critiche che erano attaccati ai respiratori. Così riferiscono le autorità sanitarie di Gaza.
È catastrofica la condizione dell’ospedale più grande di Gaza che Israele considera la copertura di una ampia base sotterranea di Hamas da conquistare e distruggere. Per questo ne chiede l’immediata l’evacuazione. «Non c’è elettricità, non c’è acqua. Non abbiamo più cibo. Le persone moriranno senza un impianto di ventilazione funzionante» riferiva ieri un medico di Msf di cui l’ong non rivela l’identità. «Di fronte all’ingresso ci sono molti cadaveri – ha proseguito – e anche feriti, ma non possiamo farli entrare in ospedale. Quando abbiamo provato a mandare l’ambulanza a prenderli, il veicolo è stato attaccato».
Secondo il medico di Msf «C’è un cecchino che ha attaccato i pazienti, hanno ferite da arma da fuoco, ne abbiamo operati tre. La situazione è grave, è inumana». Il testimone afferma che c’è la disponibilità dei medici «a lasciare l’ospedale» ma solo se i pazienti saranno evacuati per primi. Ci sono 600 persone ricoverate – ha avvertito – 37 sono bambini, qualcuno deve essere curato in terapia intensiva, non possiamo lasciarli soli».
Nello Shifa ci sarebbero anche 100 cadaveri in decomposizione che devono essere seppelliti subito perché la loro conservazione in sicurezza non è più possibile per la mancanza di elettricità. Il ministero della sanità spiega che sono un problema serio anche i residui medici e i rifiuti speciali che andrebbero smaltiti ma ora è impossibile con i reparti corazzati israeliani giunti a breve distanza dall’ospedale dopo la battaglia avvenuta nel vicino campo profughi di Shate. Si rischiano epidemie tra i pazienti, il personale medico e i circa 1500 sfollati che restano nell’ospedale nonostante il rischio di un attacco israeliano che, anche Joe Biden, non vorrebbe.
La Mezzaluna Rossa intanto non può più rispondere alle richieste di aiuto provenienti dalle zone a nord di Gaza perché le ambulanze non possono raggiungere l’area, devastata. E lancia l’allarme sulle condizioni nell’ospedale Al Quds, alla periferia di Gaza city, simili a quelle dello Shifa. I comandi militari israeliani ieri riferivano ai media dell’uccisione di «21 terroristi» dopo che qualcuno avrebbe sparato contro i militari nei pressi dell’entrata dell’Al Quds cosa che, a loro dire, proverebbe la presenza di uomini di Hamas nella struttura ospedaliera. La Mezzaluna rossa nega.
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Si allunga l’elenco dei palestinesi morti: ora sono 11.240. Tra di essi ci sarebbero anche militanti di Hamas uccisi ma quel numero in massima parte è composto da civili innocenti, inclusi migliaia di donne e bambini (e oltre quaranta operatori dell’informazione). 44 sono invece i soldati morti dall’inizio dell’invasione israeliana del nord della Striscia. Gli scontri a fuoco si concentrano ormai a Gaza city, ma un bombardamento avrebbe ucciso 30 abitanti del campo profughi di Jabaliya, teatro di ripetute stragi di civili. Ieri il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant ha parlato di vittoria piena su Hamas che, a suo dire, ha perso il controllo di Gaza ed i suoi uomini scapperebbero a sud.
Tuttavia, il movimento islamista, contro le dichiarazioni di Gallant, è sempre in grado di lanciare razzi. L’ha fatto anche ieri prendendo di mira anche il centro di Israele. Ha fatto il giro dei media la foto dei militari della Brigata Golani, con le bandiere israeliane, che occupano i banchi della presidenza del Consiglio legislativo palestinese nel centro di Gaza city. Le pressioni internazionali su Israele però crescono.
Il ministro degli esteri Eli Cohen stima in 2-3 settimane il tempo che l’esercito avrà ancora a disposizione per concludere le sue operazioni prima che sia costretto ad accettare un cessate il fuoco generale. Il premier Netanyahu da parte sua parla di «guerra fino alla fine» e di tregua solo quando saranno liberati i circa 240 ostaggi israeliani e stranieri nelle mani di Hamas. Voci vorrebbero quasi conclusa la trattativa per la liberazione in tempi stretti di decine di ostaggi in cambio, pare, di brevi pause umanitarie e della scarcerazione di donne e minori palestinesi detenuti in Israele. Ieri sera l’ala militare di Hamas, le Brigate Qassam, hanno diffuso un video in cui si vede il corpo senza vita di una militare israeliana tenuta in ostaggio e deceduta, afferma il gruppo armato, a causa di bombardamenti israeliani.
* Fonte/autore:Michele Giorgio, il manifesto