“Ultimo scoglio, poi la strada è in discesa”

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ROMA – «Questa legge è l’ultimo ostacolo che abbiamo sul nostro cammino, passato questo sarà  tutto in discesa». Chi ha parlato con Berlusconi, chiuso a Palazzo Grazioli mentre tutte le sue legioni presidiavano il vallo di Montecitorio, lo descrive sorprendentemente «tranquillo». I numeri alla Camera, nonostante ieri i due neo acquisti “lib-dem” (Melchiorre e Tanoni) non si siano fatti vedere, sembrano infatti favorevoli al centrodestra. E il premier è convinto che nessuno, alla fine, si prenderà  la responsabilità  di far saltare il processo breve. «Non vedo tutta questa voglia di andare a votare – ragiona il Cavaliere – nemmeno nell’opposizione. Perché è chiaro che, se fanno saltare questa legge, non resta che tornare davanti agli italiani». Insomma, tra una minaccia e una promessa, il capo del governo è convinto di avere già  la vittoria in tasca. E questo nonostante il pessimismo di Gianni Letta, che pronosticava ieri «una settimana incandescente» e «giornate incerte, affannose e amare». Tutti i mastini d’aula sono stati messi in campo per evitare brutte sorprese nelle votazioni. C’era persino un sottosegretario, Laura Ravetto, incaricata di tenere a votare tutti i ministri, andandoli se necessario a cercare fisicamente per i corridoi. Così il premier già  guarda oltre, a quella «riforma epocale della giustizia» che dovrà  occupare il Parlamento nella mesi a venire: «La approveremo da soli – ha garantito lunedì sera Berlusconi alla cena a villa Gernetto – insieme alla riforma fiscale, a quella istituzionale e a una vera legge che limiti le intercettazioni». E tuttavia questa “road map” del Cavaliere rischia di essere vanificata dalle divisioni del Pdl. Nonostante “il Mattinale” ieri attribuisse solo ai giornali la responsabilità  delle fibrillazioni interne, un’altra mina sta per scoppiare all’interno del governo. I ministri con portafoglio sono infatti sul piede di guerra, mobilitati in via preventiva contro i possibili nuovi tagli che temono saranno loro imposti da Tremonti. La scelta di portare oggi stesso in un Consiglio dei ministri lampo la decisione di economia e finanza (Def) è il campanello d’allarme. I ministri (soprattutto quelli di provenienza Forza Italia) non accettano blitz e stavolta hanno deciso di puntare i piedi. «Sia chiaro che ai funzionari io non taglio nulla», minacciava ieri in Transatlantico Maria Stella Gelmini, circondata dagli uomini del suo dicastero, uno di quelli più nel mirino. Per prevenire possibili clamorosi incidenti, il Cavaliere ha così benedetto l’iniziativa dei capigruppo Cicchitto e Gasparri, quella di invitare domani a cena all’hotel Valadier tutti i big del Pdl, a partire dai ministri. Una cena per provare a siglare una tregua che metta il governo al riparo dal bradisismo in corso. Alla serata parteciperà  (fatto inconsueto) anche Claudio Scajola, il più insoddisfatto dell’attuale corso del partito. Ieri Scajola ha intanto fumato il calumet della pace con Ignazio La Russa, a cui mancava poco che desse del «fascista» dopo il “vaffa” del ministro della Difesa al presidente della Camera. Scajola e La Russa hanno parlato per un’ora seduti in sesta fila sui banchi del Pdl a Montecitorio. E alla fine si sono stretti la mano: «Con Scajola – spiega La Russa – siamo amici, oltretutto quando c’era An sono stato pure eletto in Liguria. Lui stesso ha riconosciuto che io e Gasparri, quando lui era in difficoltà , siamo stati i primi a esprimergli la nostra solidarietà . Oggi mi ha spiegato che quella volta alla Camera non intendeva criticarmi per Fini, è stato tutto un equivoco».


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