Regno Unito. La polizia prima uccide, poi protesta
Cento agenti hanno deposto le loro armi dopo l’incriminazione di un collega per l’omicidio del 24enne nero Chris Kaba
La polizia di Londra ha chiesto rinforzi all’esercito – lo Special Air Service – per colmare il vuoto di personale creato dalla protesta di circa cento poliziotti armati che hanno deposto le loro armi da mercoledì scorso, quando è stato formalmente incriminato un loro collega per l’omicidio del 24enne nero Chris Kaba a Brixton poco più di un anno fa.
Erano le 10 di sera del 5 settembre 2022 quando il ragazzo, a bordo della sua macchina, è stato ucciso da un colpo di pistola alla testa da un poliziotto che lo pedinava insieme alla sua squadra. La sua morte, oscurata da quella della regina Elisabetta tre giorni dopo, ha suscitato diverse proteste davanti a Scotland Yard e alla centrale di polizia di Brixton. Sulla sua macchina e nei paraggi non sono state trovate armi che non appartenessero alla polizia: Chris Kaba, che sarebbe diventato padre di lì a poco, era disarmato.
Ciononostante, la ministra dell’Interno Suella Braverman ha reagito alla protesta dei poliziotti chiedendo una revisione delle forze di polizia armate – non per verificare gli abusi commessi, quanto che gli agenti non vengano «scoraggiati» dal fare il loro lavoro da un sistema penale troppo solerte nell’indagarli. Dello stesso avviso il commissario della Metropolitan Police di Londra Mark Rowley che ha chiesto «maggiori protezioni» per i valorosi agenti che difendono i cittadini, e ha invocato una riforma delle norme che regolano l’uso della forza da parte dei poliziotti.
Quella di Deborah Coles, direttrice dell’associazione Inquest che indaga le morti dovute allo stato, è stata una delle poche voci a levarsi contro questo ribaltamento della realtà: «L’insinuazione che esista un pregiudizio nella legge o nel processo legale contro gli agenti di polizia è contraria all’evidenza. I poliziotti devono rispondere alla legge».
* Fonte/autore: il manifesto
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