L’insicurezza al lavoro: «Se vi dico “treno” dovete subito spostarvi»
Le parole del funzionario di Rfi nel video girato da Kevin Laganà, la vittima più giovane. Che dice: «Non abbiamo ancora l’interruzione». L’ad di Rfi in audizione alla Camera. Scotto (Pd): non garantita la sicurezza
TORINO. Sono 6 minuti e 48 secondi da brividi nonostante l’atmosfera apparentemente rilassata. Il video social di Kevin Laganà, 22 anni, una delle vittime della strage di Brandizzo, diffuso in esclusiva dal Tg1, registra gli attimi prima della tragedia. Lui si trova in quel momento a lato dei binari, altri colleghi già lavorano tra le rotaie. Una voce entra in campo: «Ragazzi se vi dico treno, andate da quella parte, eh?». La voce – è una circostanza ancora da verificare – potrebbe essere di uno dei due indagati, Antonio Massa, tecnico manutentore di Rfi, la cosiddetta «scorta» di Rete ferroviaria italiana al cantiere affidato in subappalto alla Sigifer di Borgo Vercelli. L’altro indagato, sempre per omicidio e disastro con dolo eventuale, è Andrea Girardin Gibin, capocantiere della ditta.
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DA QUEL CHE SI RICAVA dalla visione del filmato, recuperato dal profilo Instagram del giovane, gli operai erano informati che su quella linea era previsto il passaggio di convogli. Si sente, infatti, affermare dalla stessa voce: «Noi possiamo vedere il segnale, voi prendete le misure, io guardo il segnale e appena dico via e… uscite da quella parte perché i treni passano qua. Dovrebbero passare gli ultimi treni». Due minuti dopo, Kevin in camera dice: «Non abbiamo ancora l’interruzione». Ma si continua a lavorare.
SI INTUISCE CHE QUELLA di operare prima dell’interruzione della linea era probabilmente una prassi. «Sembrerebbe – affermano gli avvocati Enrico Calabrese e Marco Bona, legali delle famiglie di due delle vittime – emergere un modus operandi non occasionale, con direttive impartite ai lavoratori assai pericolose». E l’episodio di Brandizzo non sarebbe un’eccezione. Ad avvalorare questa tesi è una testimonianza al processo per il disastro di Pioltello, in Lombardia, dove nel gennaio 2018 morirono tre persone.
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Nella deposizione di un ex operaio specializzato del nucleo manutentivo di Treviglio di Rfi, durante il dibattimento ancora in corso, si legge: «Io facevo la scorta, quando arrivavano i treni dicevo alla squadra di uscire dal binario, guardavo i treni sia a destra che a sinistra, loro erano sul binario che intervenivano». I pm domandano: «Non si facevano con interruzione della linea questi lavori?». Risposta. «Eh, non sempre ce la davano». «Perché?», chiedono i pm. Il teste: «Questioni di movimento treni, non lo so, poi bisogna vedere, se l’intervento era lungo si chiedeva e se non ce la davano intervenivamo tra un treno e l’altro».
A MARGINE DELL’AUDIZIONE, il capogruppo del Pd in commissione Lavoro Arturo Scotto ha espresso scontento: «Non possiamo dirci soddisfatti della relazione dell’ad di Rfi. Un’audizione alla Camera non può essere un continuo rimando all’attività di indagine della magistratura. Davanti abbiamo investimenti ingenti sulla rete ferroviaria nei prossimi mesi: la vicenda di Brandizzo ci dice che evidentemente qualcosa non è andato sul piano degli strumenti messi in campo per garantire la sicurezza di chi lavora sui cantieri molto spesso in subappalto. Ci aspettavamo qualcosa in più a partire da un piano con risorse certe per evitare che quanto accaduto possa ripetersi». Nella stessa audizione alla Camera sono stati sentiti anche i sindacati: «La frenesia del profitto è la causa principale degli infortuni e delle morti sul lavoro», ha detto Francesca Re David, della segreteria nazionale Cgil
* Fonte/autore: Mauro Ravarino, il manifesto
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