Perù. Estrattivismo, attivisti trascinati in tribunale dalle multinazionali
Giovedì scorso l’attivista Sergio Huamaní è stato assolto. Ma lo aspetta un altro processo. Sullo sfondo, la mobilitazione della sua gente: da decenni la provincia andina devastata dalla società svizzera Glencore
LIMA. Sergio Huamaní è libero, ma sarà nuovamente processato. Lo ha definito giovedì la sentenza della corte d’appello in Perù, dopo un processo durato quasi un anno in cui la compagnia mineraria Antapaccay, filiale dell’impresa transnazionale svizzera Glencore, lo aveva denunciato per diffamazione aggravata. Era stato condannato in primo grado.
Sergio Huamaní è un noto difensore ambientale e presidente del Frente Unico de Defensa de los Intereses de Espinar (Fudie). Nella provincia di Espinar, sull’altopiano andino, cinque ore a sud di Cusco, si trova il progetto minerario Antapaccay, espansione della storica miniera di rame Tintaya che opera dagli anni ’80 e che Glencore ha acquisito nel 2012.
OGGI GLENCORE è una delle maggiori società che estraggono e commercializzano materie prime a livello mondiale, con un fatturato annuale di oltre 250mila milioni di dollari, paragonabile al pil del Perù intero.
Nel settembre dello scorso anno il gigante minerario ha denunciato Huamaní per diffamazione, a causa di alcune dichiarazioni in cui evidenziava il danno ambientale e sociale prodotto dalla miniera.
«È una nuova maniera di criminalizzare la protesta sociale – spiega l’avvocato di Huamaní, Aroldo Vera – Denunce contro i dirigenti delle organizzazioni in difesa del territorio e contro la popolazione indigena ce ne sono costantemente, ma dall’anno scorso hanno cominciato a usare la denuncia privata che va diretta al potere giudiziario, cioè al processo, e non passa attraverso un’indagine del pubblico ministero».
La Antapaccay chiedeva tre anni di condanna effettiva e 230mila soles di indennizzo (56.600 euro), pena del tutto spropositata rispetto ai fatti e alla condizione economica dell’imputato, che vive dell’economia contadina dell’altipiano.
IL 17 AGOSTO la difesa di Huamaní ha ottenuto l’annullamento della sentenza per vizi procedurali insanabili, eliminando così la condanna di un anno con la condizionale e 10mila soles.
Tra le dichiarazioni di Huamaní che avrebbero danneggiato l’immagine dell’impresa c’è la partecipazione a un incontro online organizzato dalla ong CooperAcción nel giugno 2022 in cui si analizzava un caso di corruzione di cui la stessa Glencore si è dichiarata colpevole: due mesi prima il gruppo svizzero aveva accettato di pagare una multa di 700 milioni di dollari agli Stati uniti per frode e corruzione in Brasile, Venezuela, Camerun e Nigeria e per dirottamento di informazioni riservate in Messico, oltre a una seconda multa di 486 milioni per manipolazione dei prezzi su diversi contratti nel mercato del petrolio.
Dalla sua entrata di funzione, il progetto Antapaccay è stato sanzionato dall’Organismo di Valutazione y Revisione Ambientale (Oefa) peruviano per 47 infrazioni.
Tra le più frequenti, il mancato rispetto delle norme di protezione ambientale, lo scarico di sterili e acque nere e l’impatto sul suolo naturale che si trova nel bacino del fiume Salado. L’impresa però non ha riconosciuto nessuna responsabilità legata alla contaminazione che colpisce Espinar.
«La realtà delle nostre comunità che sono vicine alla miniera è che gli animali muoiono perché l’acqua è inquinata, si ammalano i nostri figli, i nostri anziani, ci parlano di sviluppo ma per noi non c’è nessuno sviluppo», chiarisce Esmeralda Larota.
VIVE nella comunità di Huancané Bajo dove coltiva la chakra e pascola le pecore della famiglia. Ha 34 anni e soffre di dolori in tutto il corpo, emicrania, ha problemi al fegato. «I miei genitori hanno sessant’anni ma sembra ne abbiano ottanta, tra i dolori alle ossa, la progressiva cecità, la memoria che svanisce. È doloroso, un tempo i nostri anziani vivevano fino a novanta, cent’anni», spiega con tristezza e rabbia.
Sa che le istituzioni statali non hanno mai comprovato le responsabilità dirette della miniera sulla salute degli abitanti, nonostante gli esami sulla popolazione svolti a partire dal 2010 abbiano riscontrato la presenza di metalli pesanti nel sangue.
Nel 2012, di fronte alla moria degli animali da allevamento, la provincia di Espinar si mobilitò per quasi un mese chiedendo la revisione dell’accordo firmato con la miniera e risposte alle denunce di inquinamento ambientale e danni alla salute.
IL GOVERNO rispose con la repressione: furono uccise tre persone e iniziarono processi penali contro i dirigenti nella protesta. Huamaní fu incriminato per attentato alla sicurezza pubblica, disturbi e ostacolo ai servizi pubblici e solo dopo dieci anni di persecuzione giudiziaria è stato assolto nel maggio 2022.
Sebbene le proteste del 2012 abbiano segnato un importante precedente nella lotta per la giustizia socio-ambientale a Espinar, dopo la sentenza di giovedì Huamaní dovrà sottoporsi nuovamente a un processo, la persecuzione nei suoi confronti continua e la popolazione della sua provincia è ancora in attesa di giustizia.
* Fonte/autore: Susanna De Guio, il manifesto
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