Ucraina. Guerra e speculazione, così si affama il mondo
L’accordo sul grano tra Mosca, Kiev, l’Onu e la Turchia aveva contribuito a calmierare i prezzi. Ma per l’Onu il 47% dell’export agricolo ucraino è andato a Paesi ad alto reddito
Con la guerra viviamo in un mondo sempre più affamato e diseguale. L’accordo sul grano tra Mosca, Kiev, l’Onu e la Turchia aveva contribuito a calmierare i prezzi. Ma secondo l’Onu, il 47% dell’export agricolo ucraino era andato a Paesi ad alto reddito. Come Spagna, Italia e Olanda, il 26% a Paesi “di reddito medio” come Cina e Turchia, solo il 27% a “Paesi poveri” come Egitto, Kenya e Sudan.
C’è il forte sospetto come ha detto ieri al vertice Ue-America Latina il presidente brasiliano Lula da Silva che la guerra in Ucraina «ha aumentato le disuguaglianze e le spese militari e invece di eliminare la povertà e la fame, si sono spesi più di due miliardi per finanziare una macchina di guerra che porta solo morte, distruzione e ancora più fame».
QUELLO DI LULA è più di un sospetto. La crisi del grano per la guerra in Ucraina ci dice tre cose: 1) il conflitto colpisce in particolare i Paesi più poveri 2) la sicurezza alimentare è centrale per la sopravvivenza di interi continenti e rende ancora più importante il summit di Roma del 24 luglio con la partecipazione di 193 Paesi 3) la guerra – ma non solo la guerra – innesca le speculazioni sui prezzi e crea voragini nei bilanci degli Stati più poveri.
È quanto emerge anche dallo “Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” (SOFI 2023), il rapporto pubblicato il 12 luglio 2023 e redatto congiuntamente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), dal Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (IFAD), dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dal Programma Alimentare Mondiale (WFP) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
IL RAPPORTO RIVELA che nel 2022 la fame ha colpito una media di 735 milioni di persone. Il dato rappresenta un incremento di 122 milioni di persone rispetto al 2019, l’anno precedente la pandemia Covid. Nonostante i progressi compiuti nella lotta alla fame in Asia e in America latina, nel 2022 il fenomeno appariva ancora in crescita nell’Asia occidentale, nei Caraibi e in tutte le sotto-regioni dell’Africa, in primo luogo il Sahel, dove una persona su cinque è afflitta dalla fame, ossia più del doppio della media globale. Poi chiedetevi perché ci sono i migranti nel Mediterraneo.
STANDO AL RAPPORTO, la situazione della sicurezza alimentare e della nutrizione è stata sconfortante nel 2022, con circa il 30% della popolazione mondiale, pari a 2,4 miliardi di persone, che non ha avuto accesso costante al cibo, e circa 900 milioni di persone sono state esposte a insicurezza alimentare grave.
Al contempo, la capacità di accedere a un’alimentazione sana è peggiorata a livello mondiale: nel 2021, il 42% della popolazione del pianeta, ossia oltre 3,1 miliardi di persone, non ha potuto permettersi un’alimentazione sana.
SULLA FAME si specula. Eccome. Il quotidiano panafricano “The Continent” (Sudafrica) rilevava qualche tempo fa che l’Egitto importa la maggior parte del suo grano. Nel 2011 un forte aumento del prezzo del pane fu una delle cause delle proteste che finirono per rovesciare Mubarak. Ad aprile del 2022 l’agenzia egiziana responsabile dell’acquisto di questo cereale ne ha comprate 350mila tonnellate al prezzo di 450 dollari a tonnellata. A febbraio l’aveva pagato 252 dollari a tonnellata. Nell’intervallo tra questi due mesi, la Russia aveva invaso l’Ucraina. I due paesi sono tra i più importanti produttori di cereali al mondo. Guerra e sanzioni implicano che questi prodotti saranno sempre più scarsi.
Ma è davvero così? Altri paesi si sono mossi per colmare il vuoto e ne stanno coltivando di più. Questo significa che sono diversi i fattori che fanno salire il prezzo. Un’indagine del collettivo di giornalisti Lighthouse reports, a cui ha partecipato anche The Continent, ha rivelato che una delle cause principali dell’aumento dei prezzi alimentari è la speculazione sfrenata. A beneficiarne sono alcuni investitori.
Ed ecco il paradosso: la produzione mondiale di cibo è aumentata. Le riserve globali di cereali attuali sono superiori di un terzo rispetto a quanto è necessario per nutrire tutti. E questo nonostante le guerre e i cambiamenti climatici.
UN INDICATORE DI COSA sta succedendo arriva dal mercato del frumento di Parigi, la più grande borsa dei cereali in Europa. Nel 2018 circa un quarto dei contratti alimentari che venivano stipulati erano di natura speculativa. Oggi sono i tre quarti. Questi mercati permettono di vendere la fornitura futura di prodotti alimentari, sono i ben noti “futures”. Consentono agli agricoltori e ai compratori di cereali di proteggersi dai rischi e di rendere le loro entrate stabili. Ma la speculazione oramai raggiunge un livello eccessivo che va oltre la legge della domanda e dell’offerta. E siccome i prezzi di questi contratti sono usati come parametro di riferimento per quelli effettivi del grano, questo influisce sul prezzo del cibo.
LA DOMANDA e l’offerta non sono più i principali arbitri del prezzo ma i fondi alimentari predatori. Sono loro, oltre a Putin, dice Olivier De Schutter, relatore speciale dell’Onu sulla povertà estrema, che “scommettono sulla fame”. I silos sono pieni, vuote le nostre volontà.
* Fonte/autore: Alberto Negri, il manifesto
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