Ucraina. 500 giorni di guerra: un bilancio infernale senza vie di uscita

Ucraina. 500 giorni di guerra: un bilancio infernale senza vie di uscita

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Oltre 9mila i civili ucraini uccisi, secondo l’Onu bilancio al ribasso. E sarebbero 250mila le vittime tra i soldati dei due fronti. Zelensky vola in Turchia: incassa armi e l’ok a Kiev nella Nato. Ma gli Usa frenano

 

A 500 giorni dall’inizio dall’invasione che ha scatenato la folle guerra fratricida russo-ucraina si rimane agghiacciati dal bilancio. Le Nazioni unite certificano la morte di 9.177 civili ucraini (494 bambini, di cui 1.051 rimasti feriti).

Ma secondo l’Onu le vittime potrebbe essere molte di più: è difficile verificare i dati con il fronte sempre incandescente. Dietro le linee, il servizio Eurostat dell’Ue ha contato oltre quattro milioni di ucraini profughi negli stati dell’Unione.

FRA I FUOCHI incrociati della propaganda, è arduo quantificare l’olocausto di vite fra i soldati mandati al fronte. Nonostante molte fonti parlino di perdite equivalenti fra i due eserciti, questo non sembra possibile data la preponderanza in termini d’artiglieria e di controllo dello spazio aereo da parte russa.

Secondo l’esperto di affari militari Stefano Orsi, gli ucraini avrebbero perso almeno 200mila uomini, i russi fra i 40 e 45mila.

La situazione odierna sulla linea del fronte conferma l’assurdità della guerra. Nonostante le massicce perdite umane, l’offensiva ucraina continua a ottenere solo posizioni minori, una mattanza che prosegue in particolare fra le rovine di Bakhmut dove già sono caduti decine di migliaia di giovani.

Da diverse fonti traspaiono tensioni interne fra i militari delle due parti, con una sfiducia crescente fra gli ucraini sulla possibilità non solo di una vittoria ma di qualunque risultato pratico dell’offensiva in corso. L’opposto risuona dai palazzi di Kiev, nel pieno della loro propaganda con l’avvicinarsi del vertice Nato di Vilnius, che sarà dominato dalla questione ucraina.

MA ANCHE dal lato del principale sponsor della guerra, gli Usa, si odono autorevoli voci di dissenso. Segnale evidente ne è stato un materiale apparso su Foreign Affairs, l’organo del Council for Foreign Relations, colonna centrale dell’alleanza anglo-americana, che ha ammonito contro l’adesione dell’Ucraina alla Nato, via sicura per una guerra mondiale termonucleare.

Lo stesso Biden si è espresso in questo senso dichiarando che, anche dopo la fine della guerra, gli Usa dovrebbero limitarsi a dare a Kiev garanzie di sicurezza sul modello israeliano (senza impegno di difesa vincolanti).

Se Mosca accoglie con soddisfazione tali sviluppi, conferma dei veti posti prima dell’invasione all’Ucraina, segnali negativi per i russi sono venuti da parte della Turchia. Dopo la visita a sorpresa di Zelensky a Erdogan di venerdì, le due parti hanno siglato una serie di accordi fra cui l’impegno turco, altamente simbolico, a stabilire produzioni militari in Ucraina.

In un ulteriore affronto, Ankara ha permesso a Zelensky di riportarsi a casa cinque comandanti del gruppo neofascista Azov. Erano parte del contingente catturato dai russi a Mariupol e poi consegnato alla Turchia (nel quadro dell’accordo per la liberazione dell’oligarca ucraino Medvechuk, amico di famiglia di Putin) dove sarebbero dovuti restare agli «arresti domiciliari» fino alla fine del conflitto.

ERDOGAN, che ha dichiarato che «l’Ucraina ha il diritto di diventare membro della Nato», si prepara così a trarre il massimo vantaggio dal vertice di Vilnius. Ulteriore esempio dei cinici calcoli geopolitici che alimentano questo pericoloso conflitto nel cuore dell’Europa.

* Fonte/autore: Fabrizio Vielmini, il manifesto

 

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