Contraccezione gratuita, dopo l’AIFA Regioni e ASL allo sbaraglio
La ginecologa Anna Pompili, Sant’Anna di Roma: «Diseguaglianza istituzionalizzata». L’on. Grimaldi, primo firmatario della delibera del Piemonte: «Dal 2018, ancora non è applicata»
Dopo l’autocensura (di allineamento) dell’Aifa, la prima domanda che viene in mente è se ora potrebbe cambiare qualcosa nelle cinque regioni e nella provincia autonoma dove la pillola anticoncezionale è – o meglio, dovrebbe essere – già erogata gratuitamente nei consultori, come d’altronde prevede la stessa legge 405 che li ha istituiti 48 anni fa (oltre che la legge 194) e che in tutte le altre regioni è disattesa dal 1975, appunto. La sorpresa però sta nell’appurare che, malgrado gli atti consiliari approvati in quelle Regioni – Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Puglia – e nella provincia autonoma di Trento, l’erogazione gratuita della pillola è ancora quasi sempre un miraggio. E che l’autonomia differenziata, per la quale scontiamo anche in questo caso un servizio sanitario a macchia di leopardo, sembra essersi estesa ad ogni singola Asl. «Ogni determina regionale è diversa e non si può trovare tra esse un filo conduttore se non attraverso pochi concetti, e non proprio egualitari. Perfino nelle regioni dove è previsto, alcune Asl non erogano il servizio», riferisce Anna Pompili, responsabile Ivg del Centro salute donna del Sant’Anna di Roma.
LA GINECOLOGA, che da anni lavora sui diritti procreativi, spiega che focalizzarsi solo sulla pillola contraccettiva è già di per sé «un’assurdita, perché bisognerebbe estendere la gratuità a tutti i metodi contraccettivi, soprattutto quelli a lunga durata e di maggiore sicurezza, come per esempio la spirale medicata al progestinico. Non parliamo poi della sterilizzazione volontaria. Altro concetto che accomuna le delibere regionali – aggiunge Pompili – è il fatto che il diritto non viene riconosciuto a tutte le donne, ma solo a quelle fasce considerate “deboli”, chissà perché: le giovani fino a 25/26 anni, le donne fino ai 45 anni che abbiano partorito o avuto un aborto fino a due anni prima, le indigenti. C’è in sostanza una diseguaglianza istituzionalizzata, che è il problema del nostro Paese».
IN PUGLIA, per esempio, la prima Regione che nel lontano 2008 approvò una delibera per la distribuzione gratuita nei consultori di anticoncezionali di fascia C tra cui farmaci, anelli vaginali e cerotti, è previsto comunque il discrimine del basso reddito.
IN TOSCANA, la contraccezione gratuita istituita nel 2018 è stata recentemente confermata per il quinto anno consecutivo. Vi hanno accesso «i giovani da 14 a 25 anni e le donne tra 26 e 45 anni con reddito o Isee sotto i 36mila euro. Non è invece richiesto nessun requisito economico per le donne, tra i 26 e i 45 anni, che si rivolgono ai consultori nei 12 mesi successivi al parto o nei 24 mesi successivi ad un’interruzione della gravidanza. La misura è estesa anche agli studenti fino a 25 anni possessori della carta unica dello studente, iscritti agli atenei toscani. Nel 2021 sono state 12.500 le donne che hanno usufruito della contraccezione gratuita in Toscana», riferiscono dall’assessorato alla Sanità. Parliamo forse della Regione, insieme all’Emilia Romagna, dove il servizio funziona meglio, nei suoi 152 consultori territoriali. In Italia su 1800 consultori, sono 1438 quelli attivi sulla contraccezione. Secondo la Regione Toscana, sul proprio territorio se ne conta uno ogni 24 mila abitanti, contro i 32 mila della media nazionale.
IN PIEMONTE, nel 2018 fu l’allora consigliere regionale e oggi deputato Asv, Marco Grimaldi, il primo firmatario della delibera consiliare che prevedeva tra le altre cose anche la gratuità dei metodi contraccettivi per ragazzi e ragazze fino ai 25 anni, oltre che per le donne indigenti e quelle fino ai 45 entro due anni da parto o Ivg.«Ma – riferisce Grimaldi – il nuovo assessore alla Sanità della Lega, Luigi Genesio Icardi, ha talmente procrastinato l’entrata in vigore della norma che a tuttora è inapplicata».
NEL LAZIO la delibera regionale è datata 7 febbraio 2023 e sarebbero stati stanziati anche 10 miliardi di euro ad hoc. La gratuità, dei soli contraccettivi ormonali, è prevista per le ragazze tra i 14 e i 21 anni, previa valutazione medica e anamnesi personale e familiare condotta all’interno dello stesso consultorio. Ma, come testimonia la ginecologa Anna Pompili, appunto, l’applicazione segue a tutt’oggi una distribuzione geografica non ben identificabile. «Ogni Asl eroga sostanzialmente a modo suo», afferma.
ANCHE PER Anna Pompili, il freno imposto dal Cda dell’Aifa è qualcosa di inedito: «E segue una visione miope che contrappone diritti riproduttivi e natalità. È esattamente il contrario, invece: nei Paesi come la Francia dove i tassi di abortività e dell’uso di contraccettivi sono molto più alti che in Italia, si fanno molti più figli che da noi (1,83 nascite per donna contro l’1,24 italiano, secondo i dati Eurostat dell’aprile scorso, ndr). Viceversa, a Malta (1,13 nascite per donna, ndr) o in altri Paesi dove le politiche dei diritti riproduttivi e della donna sono più restrittive, il tasso di natalità è tra i più bassi d’Europa. Meloni dovrebbe riflettere su questo».
* Fonte/autore: Eleonora Martini, il manifesto
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