Escalation. Putin rivendica la guerra: «Sono territori russi»

Escalation. Putin rivendica la guerra: «Sono territori russi»

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Alla vigilia del primo anniversario di invasione, per il presidente russo bagno di folla al mega concerto patriottico. Ma il gruppo Wagner chiede più munizioni. Smorzata la sospensione del New Start: Mosca continuerà a rispettare i limiti sui missili atomici

 

Il primo anno di invasione dell’Ucraina il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di «celebrarlo» con la massima esposizione possibile. Rivendicando la guerra, cercando di costruire l’immagine di un leader che dietro ha un popolo intero.

Visibile con corpo e parole, esaltato dallo sventolio delle bandiere. Il giorno dopo il discorso alla nazione con cui ha annunciato la sospensione del trattato New Start, siglato 13 anni fa con gli Stati uniti per limitare la corsa al nucleare, ieri ha optato per il bagno di folla.

L’OCCASIONE: il mega concerto patriottico organizzato allo stadio Luzhniki di Mosca, alla vigilia del Giorno dei difensori della patria, commemorazione dell’Armata rossa (il 23 febbraio 1918 lanciò il primo reclutamento di massa, a pochi mesi dalla Rivoluzione d’Ottobre).

Putin ha fatto un’apparizione lampo: entrata a effetto, chiuso in un giaccone come le decine di migliaia di russi che riempivano gli spalti, strette di mano ai rappresentanti dell’esercito e poi la ripetizione della narrazione patriottica secondo il linguaggio del Cremlino, lo stesso imposto al paese pena la galera: in Ucraina è in corso «un’operazione speciale» «sulle nostre frontiere storiche, combattuta da uomini coraggiosi. Stanno combattendo eroicamente, coraggiosamente». «Oggi – ha proseguito – proteggendo i nostri interessi, la nostra cultura, lingua, territori, la nostra gente è il difensore della patria. Inchinatevi a tutti».

A SALUTARLO il frastuono umano di migliaia di voci che hanno reagito al suo invito di «hurrah» con «hurrah» ancora più forti, dopotutto era uno stadio e quel che Putin cercava era un’accoglienza da superstar. Che dovrebbe dare indietro l’appoggio indefesso di un paese intero, una potenza globale dalla sterminata geografia, e che nasconda le crepe, palesi un anno fa nelle piazze delle proteste e oggi soffocate dalla repressione e dal collante nazionalista.

Allo stadio il pubblico è arrivato con autobus organizzati e c’è chi parla – lo scriveva ieri la Bbc – di gruppi Telegram dove si promettevano piccole prebende, «premi» di partecipazione, dalla giustificazione a saltare la scuola a 500 rubli (non certo una fortuna, poco più di sei euro), fino a presunti crediti universitari.

MA PUTIN il primo anno di guerra lo celebra anche usando la carta cinese e la prossima visita del presidente Xi Jinping a Mosca, ampiamente preparata dagli incontri di questi giorni con il braccio destro del leader di Pechino, Wang Yi, e dall’antipasto di road map cinese alla pace. Una botta al cerchio e una alla botte, dove la botte è il trattato New Start che ieri era ancora tema del giorno.

Il maggiore Yevgeny Ilyin, peso massimo del ministero della Difesa, ha precisato che Mosca continuerà a rispettare i limiti previsti sui missili nucleari e a informare Washington di eventuali cambiamenti, pur sospendendo l’accordo. Parole che giungevano mentre la Duma, il parlamento russo, approvava ufficialmente il congelamento del New Start, ampiamente condannato da tutti i leader occidentali, a partire dal presidente statunitense Biden che ieri, da Varsavia, si è visto indirettamente recapitare la posizione del Cremlino: il ritorno al trattato, ha detto il portavoce Dmitry Peskov, «dipenderà dall’Occidente».

E MENTRE i discorsi di fuoco volano da una parte all’altra dell’ex cortina di ferro, il fuoco – quello vero – continua a piovere in Ucraina: cinque i civili uccisi ieri a Kherson da missili russi e sedici i feriti, che cadevano anche su Kharkiv, ferendo altre due persone.

A «celebrare» la guerra ci ha pensato anche Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo mercenario russo Wagner e da settimane protagonista dello «scontro» interno su chi, tra lui e Mosca, è più vicino alla conquista di Bakhmut: servono più munizioni, ha detto, l’esercito russo le deve condividere con noi.

* Fonte/autore: Ester Nemo, il manifesto



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