Lampedusa, al via i primi rimpatri trenta migranti rispediti a Tunisi
LAMPEDUSA – Sono in trenta, tutti ragazzi tra i 25 ed i 30anni, approdati su un barcone in 104 nella notte tra il 5 ed il 6 aprile sul molo di Lampedusa. Sorridono, salutano, fanno segno di vittoria «Viva Lampedusa, grazie Italia» dicono, felici di lasciare l’isola e raggiungere la terra ferma per poi finalmente andare in Francia o in Germania. Ma non ci andranno mai. In nottata vengono rispediti in Tunisia da dove erano ripartiti con il barcone. È il primo “rimpatrio” dopo l’accordo sottoscritto tra Italia e Tunisia per porre un freno all’emergenza che ha portato in Italia oltre 15 mila tunisini fuggiti dal Paese. Così lo descrive lo stesso ministro Maroni ieri sera a “Porta a Porta”. I migranti sono stati imbarcati su un aereo noleggiato dal Viminale con a bordo 60 poliziotti, due per ogni rimpatriato, poco dopo le 20,30 di ieri sera. Erano stati prelevati con un pullman dal centro di accoglienza e portati all’aeroporto. La stessa sorte toccherà agli altri compagni di viaggio dei primi 30 rimpatriati, 74 in tutto che oggi forse scopriranno di dover far ritorno in Tunisia. E poi, come in una catena tragica, anche agli altri che potrebbero arrivare nei prossimi giorni a Lampedusa e saranno rispediti indietro. È questo dunque il primo atto dell’accordo stipulato dal governo italiano con quello tunisino e la notizia dei primi rimpatri, per motivi di sicurezza e per evitare proteste o rivolte, viene tenuta rigorosamente segreta fino a tarda sera. Ai 30 che sono stati rispediti in Tunisia vengono anche sequestrati i telefonini, proprio per evitare che la notizia si diffonda a macchia d’olio tra gli altri immigrati che ancora si trovano nel Centro di accoglienza di Lampedusa. Ma la segretezza non durerà molto. Ecco perché dentro e fuori il centro di accoglienza – che ormai si è svuotato con la partenza di 1.200 tunisini imbarcatasi in nottata sulla nave Flaminia -, il sistema di controllo è stato rinforzato. Anche se, in serata, le tensioni non sono mancate. D’altra parte il trasferimento del migliaio di tunisini sulla Flaminia è stato ritardato a causa delle cattive condizioni meteorologiche che non hanno consentito alla nave di attraccare in porto. Intanto sempre ieri sono stati trasferiti in un centro di Brindisi anche i 51 sopravvissuti alla strage in mare avvenuta due notti fa al largo di Lampedusa. Una strage che ha provocato 250 vittime, tra le quali decine di bambini e molte donne, quasi tutti provenienti dal centro Africa e partiti dalla Libia. Tra i sopravvissuti c’era anche “Mimì” la donna data per morta dal marito Peter che, salvato da un’altra motovedetta, ne aveva perso le tracce tranne poi ritrovarla alcune ore dopo a Lampedusa. «Sono felice di potere ricominciare a vivere – spiega Mimì mentre sta per imbarcarsi sull’aereo – ma non dimenticherò mai quella notte in mare dove ho visto morire tanti miei fratelli e tante mie sorelle con i loro bambini». Mimì adesso tenterà di raggiungere la Francia «perché li vivono due mie amiche, Marta e Giulia che non vedo l’ora di abbracciare…». Quella di Mimì è l’unica storia a lieto fine, se si può dire, di questa tragedia che ha visto sparire in fondo al Mediterraneo intere famiglie. E mentre proseguono le ricerche, fino a ieri sera il mare non aveva restituito nessun corpo dei 250 immigrati dispersi nel naufragio, mentre alcuni cadaveri sono stati visti galleggiare nelle acque di Lampedusa dai piloti di un elicottero della Guardia di Finanza. I militari hanno raccontato di avere visto galleggiare il corpo di un bambino che indossava una tutina bianca e quello di una donna con un pullover di colore fuxia. Altri due cadaveri erano stati avvistati in mattinata da un velivolo della Guardia Costiera ed è ormai vana ogni speranza di potere recuperare naufraghi vivi. Il mare li ha inghiottiti per sempre.
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