Covid. Vaccini fermi, ma Big Pharma incamera profitti

Covid. Vaccini fermi, ma Big Pharma incamera profitti

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Forti della proprietà dei brevetti, le big del settore Pfizer/BioNTech e Moderna alzano il prezzo a fiala puntando ai mercati più ricchi. Ferma la proposta per permettere ai paesi poveri di produrre dosi di generico

 

Il primo novembre la casa farmaceutica Pfizer, che produce i vaccini e i farmaci anti-Covid più usati al mondo, ha presentato i risultati finanziari dei primi nove mesi dell’anno e le proiezioni per la fine del 2022. I conti sono ancora più floridi dell’anno precedente: il fatturato aumenterà del 30% rispetto agli 82 miliardi di dollari del 2021 e toccherà i 100 miliardi a fine anno. Anche nel 2022 i maggiori introiti sono legati alla pandemia, ha detto l’ad Albert Bourla incontrando gli azionisti in videoconferenza. Il vaccino porterà in cassa 34 miliardi di dollari e altri 22 verranno dal farmaco antivirale Paxlovid. Se si esclude il giro di affari legato al Covid, la crescita annuale dell’azienda è pari solo al 2%. Anche quest’anno, e per distacco, la Pfizer risulterà la prima società farmaceutica al mondo per fatturato.

CHE UNA FIALA o una pillola valgano come una legge finanziaria può sorprendere, visto il clima di fine pandemia che si respira. Le vaccinazioni effettuate nel 2022 sono state la metà di quelle del 2021. Attualmente nel mondo si effettuano solo 1,5 milioni di immunizzazioni al giorno, trenta volte meno che un anno fa. Eppure, il business pandemico è fiorente. «Riteniamo – ha detto Bourla – che i nostri prodotti legati al Covid-19 continueranno a generare introiti multimiliardari anche nel futuro». I manager Pfizer hanno già spiegato come: secondo la dirigente Angela Lukin, nel 2023 Pfizer quadruplicherà il prezzo dei vaccini portandolo dai 20, 30 dollari a dose di oggi a 110, 130 dollari, mentre il costo di produzione è stimato a 1, 2 dollari a dose. Ciò permetterà di compensare il prevedibile calo delle somministrazioni, portando l’azienda a concentrarsi su una fascia di mercato più abbiente. Anche la rivale Moderna si appresta a seguire la stessa strategia.

È UN EVIDENTE PARADOSSO che il prezzo dei vaccini salga quando la domanda scende e i governi devono smaltire i vaccini in scadenza. Ma il mercato farmaceutico è tutto tranne che libero e non rispetta la legge della domanda e dell’offerta. Troppe le distorsioni, a partire dal duopolio globale: Pfizer/BioNTech e Moderna, grazie ai brevetti, sono libere di imporre il prezzo dei vaccini. Altri fattori contribuiscono poi a tenere elevato il prezzo dei vaccini. I governi devono mantenere le scorte a disposizione per non trovarsi sprovvisti nell’evenienza di future ondate e prenotare in anticipo eventuali aggiornamenti. L’instabilità dell’mRna contenuto nei vaccini obbliga inoltre a rimpinguarle periodicamente.

UN SIMILE AUMENTO del prezzo dei vaccini non è stato accolto bene da chi si batte per l’accesso ai farmaci. «È una rapina alla luce del sole» ha detto al sito Healh Policy Watch Julia Kosgei, portavoce della rete di Ong People’s Vaccine Alliance di cui fanno parte Emergency e Oxfam. «I governi non possono stare a guardare mentre società come Pfizer tengono sotto ricatto il mondo durante una pandemia globale». Il problema, spiega Kosgei, non riguarda solo i vaccini. «Nei paesi in via di sviluppo si muore senza accesso al Paxlovid, un farmaco antivirale della Pfizer che costa centinaia di dollari a trattamento. All’Organizzazione Mondiale del commercio (Omc) giace una proposta per permettere ai paesi più poveri di produrre dosi di generico. È ora che i governi si oppongano a chi fa profitti sulla pandemia e la sostengano».

L’OMC PER STATUTO dovrebbe garantire la libera concorrenza. Ma sulla pandemia ha aiutato i monopolisti, consentendo solo minime deroghe alla produzione dei vaccini senza licenza. La proposta a cui Kosgei fa riferimento è al centro di un nuovo round negoziale che si è aperto a Ginevra. Anche in questo caso, un blocco di Paesi a basso e medio reddito guidato da India e Sudafrica preme affinché si sospendano i brevetti per consentire la produzione di antivirali e tamponi.

LA POSTA IN GIOCO stavolta è persino più alta. Per i vaccini, infatti, sospendere la proprietà intellettuale non basta di per sé a espandere la produzione, in quanto la tecnologia a mRna richiede competenze e autorizzazioni difficili da reperire anche nei Paesi avanzati. Produrre farmaci antivirali generici invece è molto più facile: il Paxlovid esce anche dallo stabilimento Pfizer di Ascoli Piceno, che certamente non è la Nasa. Dunque, in questo caso il brevetto è decisivo. Nel 2000, dopo un simile negoziato, gli antivirali generici contro l’Hiv abbassarono il prezzo della terapia da 10, 15 mila a soli 300 dollari l’anno, salvando la vita a milioni di persone sieropositive in Asia e Africa.

LA PFIZER NE È CONSAPEVOLE e ha accettato di vendere il farmaco a prezzo calmierato in 95 paesi a basso e medio reddito. Secondo la Ong Medici senza frontiere, tuttavia, l’impegno arriva tardi e copre solo il 53% della popolazione mondiale, mentre una moratoria generalizzata decisa all’Omc sarebbe la soluzione più efficace.

* Fonte/autore: Andrea Capocci, il manifesto



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