Le profezie di berselli sul paese “provvisorio”
Anticipiamo parte dell’introduzione di al libro L’Italia nonostante tutto che raccoglie alcuni articoli scritti da Edmondo Berselli sulla rivista “il Mulino”. Il libro, edito dal Mulino, uscirà il 14 aprile. a prima buona ragione per leggere questo libro – e per tenerlo a portata di mano – è che offre un’agenda accurata dell’Italia “pubblica” nel corso degli ultimi vent’anni. Seguita e rivisitata attraverso i passaggi tortuosi tra Prima, Seconda e Terza Repubblica. È il romanzo – o se si vuole, per restare in tema con la tradizione nazionale, la commedia – di un Paese alla ricerca della “normalità “. Un approdo vagheggiato e mai raggiunto. Inseguito lungo il percorso rapsodico e ondivago che oscilla tra “rivoluzioni” e “involuzioni”. Accelerazioni e frenate. Fratture e giunture. Grandi novità ed eterni ritorni. Fra le discese ardite e le risalite. Una “commedia all’italiana” recitata a soggetto da un coro di personaggi e di attori, indimenticabili, anche quando appartengono a un altro millennio, a un’altra Repubblica. Andreotti, Craxi, De Mita, Occhetto, Berlinguer, Cossiga, Scalfaro. E poi Di Pietro, Berlusconi, Bossi, Prodi, D’Alema, Veltroni, Marini, Rutelli, Mastella, Bertinotti, Ciampi. Casini e Fini. Per arrivare a Maroni, Tremonti, Bersani e Franceschini. E ancora la Dc, il Pci, il Psi, il Msi, il Pds, la Lega, i Ds, i Popolari, la Margherita, l’Ulivo, il Pd, Rifondazione, il Cdu, il Ccd, l’Udeur, l’Udc, Forza Italia, il Polo delle libertà , la Casa delle libertà . Va usato come un annuario, questo libro. Anzi, come una cronologia ragionata e appassionata di questo «Paese (perennemente) provvisorio». Per ricorrere a una definizione coniata da Berselli e ancora attuale (per molto tempo, temiamo). Un Paese provvisorio che lui però non ha mai smesso di immaginare diverso. La seconda buona ragione per tenere questo libro a portata di mano è coerente e conseguente con quella appena indicata. Da questa lettura scopriamo, ad esempio, quanto la Democrazia cristiana più che un partito passato sia una “categoria politica e sociale” perenne. Così tutto ritorna, come in un moto perpetuo, anche dopo la fine della Prima Repubblica. Democristiani e democristianità , al di là delle biografie politiche personali, si ripropongono. Nel centrosinistra, nel centro, e ancor più nel centrodestra. Dentro Forza Italia, la Cdl e il Pdl. C’è, poi, una terza buona ragione per consultare questo libro. Ha un senso più “politico” e diretto. Affiora, in particolare, la sua attenzione ai valori, ma anche agli interessi da rappresentare. La sua capacità di (e il suo sguardo proiettato a) marcare le divisioni fra destra e sinistra, in tempi nei quali queste parole sembrano, perlopiù, svuotate di senso. Eppure non è così, sottolinea Berselli. E lo ribadisce anche negli ultimi anni. Visto che la politica e le politiche seguite da Tremonti hanno un’impronta di classe molto chiara. A favore dei redditi da lavoro autonomo, degli imprenditori. «A favore della rendita e a scapito del lavoro dipendente […] Esaltando le differenze di reddito e ripudiando le tendenze redistributive». Parallelamente, l’autore di queste pagine si esprime in modo critico, aspro (e amaro) contro la sinistra: afona, incapace di darsi un assetto stabile e progettuale, ridotta a rappresentare le minoranze etniche del “lavoro pubblico” e intellettuale, oggi largamente impopolari. Una sinistra alle prese con idee che ormai sono ridotte a feticci, parole povere di significato. Così alla sinistra sfugge la vera “missione” storica che ha caratterizzato l’azione delle forze politiche di tradizione socialista, socialdemocratica o cattolico-sociale. Cioè: proporre e sostenere l’economia sociale di mercato. Un tema che echeggia di continuo, in questi articoli. E che troverà sviluppo nella sua ultima opera, il saggio breve, denso e acuminato dedicato a L’economia giusta, che si chiude con una frase molto simile al titolo di un capitolo proposto in questo volume. Dove si invita a “redistribuire la povertà “, invece di inseguire il mito della crescita infinita. La quarta buona ragione per leggere – e rileggere – questo volume è che ripercorre l’avvento della «democrazia del pubblico» all’italiana. La versione “nazionale” (o meglio, “locale”) del modello tracciato da Bernard Manin. Fondata sul trionfo della personalizzazione e della televisione. Edmondo Berselli, più di chiunque altro, l’ha colta e ricostruita da tempo e per tempo. Quando nessuno, o quasi, ne aveva colto l’impatto. Oggi siamo talmente immersi nell’irreality show che mischia vita e spettacolo, che non ce ne rendiamo conto. Così come non ci rendiamo conto di come sia potuto accadere tutto ciò. E in così poco tempo. Basta allora scorrere le pagine scritte in proposito da Berselli. Il quale indica come la televisione “produca” l’assetto politico. Fin dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi alle elezioni del 1994. Allora «il clou di quella campagna fu rappresentato dal confronto, quello sì “bipolare” fra Berlusconi e Occhetto negli studi di Canale 5». Che estromise dalla competizione il polo centrista, peraltro già “escluso” dalla meccanica del confronto. Il bipolarismo imposto dalla televisione più ancora che dalle leggi elettorali. Ma soprattutto, in questo libro si dà conto, in modo lucido e spietato, del mutamento antropologico ed etico prodotto dalla tivù commerciale sulla società . C’è davvero tutto quel che è successo dopo. Largamente annunciato da tempo. Certo, in seguito è dilagato. Ma era già scritto. Quasi vent’anni fa. Infine, c’è una buona ragione, molto personale, che riguarda chi, come me, l’ha conosciuto e frequentato a lungo. E si è abituato a dialogare con lui, in modo continuo e quasi quotidiano. (Pratica che, in effetti, non ho mai smesso.) Una comunicazione fitta, che intreccia fili di diverso colore e diversa natura. A quelli come me questo libro serve a provare nostalgia. Quel sottile dolore e quel sottile piacere. Quel sentimento che si prova scorrendo gli appunti sparsi, le molte e molte pagine scritte da Edmondo Berselli. Nostalgia. E rimpianto: di fronte a quel che capita, ogni giorno, in questa post-Italia, mi scopro e mi sorprendo a interrogarmi. Che cosa avrebbe scritto Eddy?
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