Ungheria senza diritti, ulteriore stretta sull’aborto

Ungheria senza diritti, ulteriore stretta sull’aborto

Loading

Il decreto firmato dal ministro dell’Interno Sándor Pintér, che entra in vigore oggi, obbliga i medici a fornire alle donne che vogliono interrompere la gravidanza, la prova «chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto». Prova data dal battito fetale o da un’ecografica cardiaca

 

Con un decreto del ministero dell’Interno pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ungherese, il governo Orbán dà luogo a una stretta sull’interruzione di gravidanza.

Ai requisiti già esistenti per poter abortire, la nuova norma aggiunge l’obbligo, per i medici, di fornire alle donne incinte la prova «chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto». Prova data dal battito fetale o da un’ecografica cardiaca.

Gli ideatori di questa disposizione partono dal presupposto che il battito del cuore è il segno per eccellenza della vita, anche nel feto, e che le donne ungheresi dovranno sentire tale battito prima di porre fine alla gravidanza. Il decreto è stato firmato dal ministro dell’Interno Sándor Pintér e la sua entrata in vigore è prevista per oggi.

Soddisfatti i membri della maggioranza e il partito di estrema destra Mi Hazánk Mozgalom (Mhm) che alle elezioni dello scorso aprile ha ottenuto sei seggi e che è diventato il nuovo riferimento degli ultranazionalisti critici verso la svolta moderata di Jobbik. Mhm fa sapere di approvare il fatto che «le mamme ungheresi possano ora ascoltare il battito cardiaco fetale», anche se il testo del decreto non si esprime esplicitamente in questi termini. In ogni caso, Dóra Dúró, deputata di Mi Házank Mozgalom, 35 anni, quattro figli, ha scritto su Facebook che ora, «almeno per alcuni secondi il battito del cuore del bambino in età fetale potrà essere ascoltato dalla madre prima che l’aborto venga eseguito. Scriviamo la storia!».

Sempre su Facebook e, in generale sui social, si concentra la protesta contro la propaganda orbaniana che vede le donne preferibilmente nel ruolo di madri di numerosi figli da dare alla Patria per combattere il declino demografico di cui l’Ungheria soffre. La Patria vuole figli, ma devono essere bambine e bambini cristiani, non figli di immigrati portatori di valori estranei alla cultura ungherese che secondo il premier deve avere come riferimenti patria, chiesa e famiglia. Figurarsi se il governo accetta che “ideologie di genere” incoraggino “tendenze sessuali devianti” e sostengano la libertà delle donne di scegliere liberamente se portare avanti una gravidanza o meno.

Già in diverse altre occasioni l’esecutivo a guida Fidesz ha mostrato di non essere esattamente a misura di donna. Le disparità tra i due sessi continuano ad essere ben evidenti, le politiche che il potere attua in ambito familiare tendono infatti ad allontanare sempre più le donne dai posti di lavoro e da prospettive carrieristiche per destinarle unicamente al focolare domestico. Il fatto che una donna, Katalin Novák, sia stata eletta alla presidenza della Repubblica non è un vero segno di apertura verso la parità dei sessi, tanto più che, già ministra senza portafoglio degli Affari Familiari e vicepresidente del partito governativo Fidesz fra il 2017 e il 2021, Novák è una fedelissima di Orbán e paladina della cosiddetta “famiglia tradizionale” e delle ideologie di genere.

Sentito dall’Afp, Áron Demeter, portavoce di Amnesty International Ungheria, ha parlato di «preoccupante declino» e ha aggiunto che questa decisione presa «senza alcuna consultazione renderà più difficile l’accesso all’aborto e traumatizzerà più donne che si trovano già in situazioni difficili».

Sono quattro i casi in cui la legge ungherese consente attualmente l’aborto: violenza sessuale, pericolo per la salute della donna, embrione con gravi handicap e situazione sociale insostenibile della donna. Ora, però, il governo gioca la «carta del cuore».

* Fonte/autore: Massimo Congiu, il manifesto

 

FOTO:FORTEPAN / Urbán Tamás, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons



Related Articles

Pubblica amministrazione, nel 2010 245 mila permessi per assistenza disabili

Loading

Nel 2010 hanno usufruito dei permessi spettanti ai lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato per l’assistenza alle persone disabili 244.997 pubblici dipendenti per un totale annuo di 4.835.263 giornate lavorative (652.387 per permessi personali e 4.182.876 per assistenza a parenti o affini). E’ il dato comunicato dal Ministero della Pa, sulla base delle informazioni inviate da 19.002 amministrazioni pubbliche su un totale di 25.179.

Tra i piccoli schiavi del cotone

Loading

Le loro mani sono un tesoro per gli sfruttatori: servono a impollinare le piante del cotone. In India sono centinaia di migliaia di ragazzini, 12 anni o poco più: trascinati via dai villaggi per lavorare nei campi del Gujarat. Nel fango, tra bastonate e umiliazioni

Lega e Idv uniti dalle sbarre

Loading

Oggi a Montecitorio il voto sulla fiducia posta ieri dall’esecutivo tra i cori lumbard Caroccio e dipietristi contestano la fretta del governo ma sono d’accordo anche nel criticare la legge

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment