«Don’t Pay», la disobbedienza inglese dal basso contro il caro bollette
L’obiettivo dei militanti è quello di ottenere un milione di adesioni per causare un ammanco mensile di oltre trecento milioni di euro agli introiti delle aziende energetiche e costringerle a sedersi a un tavolo per porre fine ai rincari
LONDRA. Dalla disobbedienza civile a quella economica; dal rincaro selvaggio all’autoriduzione. Don’t Pay è un movimento dal basso di consumatori britannici che invita a non pagare le fantabollette del corrente caro energia, in Gran Bretagna forse anche più violento rispetto al resto d’Europa.
Dall’inizio del 2023, ogni famiglia nel paese rischia di dover pagare ben oltre quattromila euro annui per illuminare, scaldarsi ecc.. Questo perché il prossimo primo ottobre il price cap, il tetto al prezzo delle utenze del gas o dell’elettricità fissato dal regolatore Ofgem sarà alzato di oltre duemila euro. Al solito, i più economicamente vulnerabili saranno i più colpiti, in particolare gli anziani. La End Fuel Poverty Coalition sostiene che quest’anno saranno dodici milioni le famiglie in Gran Bretagna che dovranno affrontare la cosiddetta povertà energetica: l’incapacità di riscaldare (o raffreddare) adeguatamente le proprie case. Ma il problema riguarda ovviamente anche moltissime piccole aziende ed esercizi commerciali, dai locali musicali ai pub ai negozi di fish and chips, che stanno già chiudendo, incapaci di coprire i costi. Contrariamente a quanto sta accadendo in Francia e Germania, complice anche il vuoto di potere imposto dalla transizione Johnson/Truss alla premiership, in Gran Bretagna lo spaventoso incremento delle bollette energetiche è stato finora segnato dall’inazione del governo.
Organizzazione dal basso, movimento popolare di disobbedienza, appunto, economica anziché civile, Don’t Pay è prima di tutto uno sciopero del pagamento delle bollette. L’obiettivo dei militanti è quello di ottenere un milione di adesioni per causare un ammanco mensile di oltre trecento milioni di euro agli introiti delle aziende energetiche e costringerle a sedersi a un tavolo per porre fine ai rincari. Non ci sono richieste specifiche al riguardo, per ora l’obiettivo sembra limitarsi a rendere socialmente accettabile il non pagare in modo da costringere governo e fornitori al dialogo. Lanciata a metà giugno, avviata da una ventina di attivisti nell’aprile scorso, la campagna ha collezionato finora più di 170.000 firmatari che si sono impegnati a cancellare le loro domiciliazioni il primo ottobre. Sperano di diventare la «maggiore campagna di non pagamento di massa» dai tempi della Poll Tax. L’insediamento martedì di Liz Truss ha coinciso con un’impennata di diecimila adesioni.
La sensibilizzazione alla causa avviene attraverso volantinaggio. Non ci sono affiliazioni politiche evidenti. I fondatori/organizzatori mantengono l’anonimato per paura di ritorsioni penali: rischierebbero l’accusa di «incitamento a rompere i contratti». I fornitori potrebbero utilizzare le agenzie di recupero crediti per ottenere un mandato per entrare nella casa di una persona e installare un contatore di pagamento anticipato. Il rischio è anche quello di vedere danneggiata la propria affidabilità creditizia, come ripetutamente ammoniscono fonti governative. Per questo chi può permetterselo pianifica di annullare le domiciliazioni per incrementare la protesta, solo per poi pagare all’ultimo momento.
Simili iniziative sono in linea con una certa tradizione nazionale di lotta. Dal movimento antinucleare del secondo dopoguerra alla succitata protesta contro la Poll Tax che tirò giù Margaret Thatcher fino alle contemporanee Extinction Rebellion e Insulate Britain, la modalità è la medesima: ci si concentra su qualcosa di particolarmente odioso e si cerca di combatterlo, appunto, disobbedendo.
* Fonte/autore: Leonardo Clausi, il manifesto
ph by Don’t Pay UK
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