Stop alle trivelle, Italia condannata a risarcire la multinazionale

Stop alle trivelle, Italia condannata a risarcire la multinazionale

Loading

Il ricorso era stato avviato dall’azienda petrolifera e del gas dopo che, il 29 gennaio 2016, un decreto ministeriale ha fermato le trivelle, non rilasciando più il titolo

 

Una batosta. L’Italia dovrà pagare 190 milioni di euro, più gli interessi al 4% per gli ultimi sei anni, per aver bloccato la realizzazione della piattaforma petrolifera «Ombrina Mare» sulla Costa dei Trabocchi, una delle zone più belle dell’Adriatico centrale, in provincia di Chieti.

È l’epilogo dell’arbitrato internazionale intrapreso, nel 2017, dalla multinazionale inglese Rockhopper. Il ricorso era stato avviato dall’azienda petrolifera e del gas dopo che, il 29 gennaio 2016, un decreto ministeriale ha fermato le trivelle, non rilasciando più il titolo. Secondo la società del Regno Unito è stato violato il Trattato sulla Carta dell’Energia e per questo, evitando la giustizia italiana, si è rivolta al Centro internazionale per il regolamento delle controversie (Icsid) e un triumvirato composto da Klaus Reichert, Charles Poncet e Pierre-Marie Dupuy le ha dato ragione. «Rockhopper – dice la ricercatrice di Lanciano (Ch) Maria Rita D’Orsogna, docente universitaria negli Usa e attivista ambientale – pagò circa 30 milioni di dollari per l’acquisto di Ombrina, ora riceverà una cifra spropositata».

Contro l’impianto ci sono stati dieci anni di battaglie sul territorio, ricorsi alla magistratura e cortei di decine di migliaia di persone. Il progetto prevedeva perforazioni e una nave desolforante sempre attiva che – rimarca D’Orsogna – «avrebbe sputato inquinamento notte e giorno, e questo non ha prezzo. È una decisione che ci lascia amarezza. Questo arbitrato, portato avanti da tre uomini vicini al mondo del petrolio, non si è mai preoccupato di coinvolgere i residenti, di capire il perché delle nostre lotte, di vedere quanto più sana sia la Costa dei Trabocchi oggi, con il fiorire di mille attività turistiche. Abbiamo visto un mare e un futuro più puliti».

«Un paesaggio da favola e un distretto vitivinicolo di rilevanza internazionale», aggiunge Il Prc, con Maurizio Acerbo, che, assieme al Forum Acqua Abruzzo, con Augusto De Sanctis, e al movimento Nuovo Senso Civico, con Alessandro Lanci, punta l’indice contro il Trattato sulla Carta dell’Energia, da cui oggi l’Italia ha receduto ma che all’epoca aveva sottoscritto. «Una sciagurata decisione – rimarcano – quella di aderirvi, rinunciando alla nostra sovranità democratica. Grazie a questo accordo le multinazionali possono fare causa contro leggi dello Stato».

* Fonte/autore: Serena Giannico, il manifesto



Related Articles

L’Ilva che volevo

Loading

Secondo Guido Viale l’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata a Ilva dal Ministro Prestigiacomo e dal vero «dominus del Ministero dell’Ambiente Corrado Clini uomo per tutte le stagioni» sarebbe un favore a Ilva. Riporto di seguito un stralcio della mia audizione alla Commissione Industria del Senato il 16 luglio 2013.

Taranto che soffoca

Loading

La città  dei Due Mari è stretta nella morsa delle grandi industrie. Con Stefà no prove di alleanza da Sel ai finiani

Perché sull’Ilva continuiamo a sbagliare

Loading

E’ stato in questi anni il sociologo tedesco Ulrich Beck a spiegarci con maggiore lucidità  come la minaccia ecologica sia diventata il tratto distintivo della seconda modernità  e come ciò abbia determinato una rottura con la tradizione della società  industriale classica e per certi versi romantica. Nella nuova e contraddittoria fase della modernizzazione (quella che ancora stiamo vivendo nonostante la Grande Crisi) Beck sostiene che è diventato fondamentale decidere come si distribuisce il rischio ambientale, in sostanza chi paga i costi di un progresso che in più di qualche caso ha divorziato dalla pura razionalità .

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment