Ucraina. Dieci milioni di profughi, ma l’accoglienza è a rischio
Fake news sugli aiuti ai rifugiati e campagne d’odio sui social: tensioni in agguato in Est Europa. La Moldavia, il paese più povero d’Europa, ha aperto le porte a 100mila profughi, la cifra più alta rispetto alla popolazione: ora con l’inflazione al 27% e la dipendenza quasi totale da Russia e Bielorussia per il gas, il contesto economico si aggrava
A inizio marzo i residenti di Chisinau portavano pacchi all’ingresso della fiera del mobile riadattata a rifugio per i profughi ucraini in fuga dalla guerra appena iniziata. Sentivano che i prossimi avrebbero potuto essere loro, percepivano chiaramente la paura e l’apprensione per una guerra alle porte dei propri confini.
E aiutavano centinaia di persone con il sorriso, nonostante la difficilissima situazione economica moldava e le ristrettezze in cui molti vivono da anni. Quasi come se fossero accomunati da quella sorte infelice, seppure solo ipotetica.
SCENE SIMILI si sono viste in Polonia, in misura minore anche in Romania, e nei Paesi europei occidentali. Ma ora che, come conferma l’ultimo rapporto dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu, gli ucraini che hanno passato il confine sono più di 10 milioni, la situazione inizia a cambiare.
Non a caso abbiamo aperto con la Moldavia. Il paese più povero d’Europa ha sostenuto uno sforzo immane per mantenere le porte aperte ai profughi ucraini. Si calcola che dal 24 febbraio hanno oltrepassato il confine circa 100mila ucraini, la cifra maggiore pro capite in Europa.
Ad oggi, tale massa di persone equivale a circa il 5% della popolazione, in un Paese in cui l’inflazione è al 27% e la dipendenza quasi totale da Russia e Bielorussia per il gas ha portato a una significativa crisi del carburante. In Polonia, il vicino più attivo nel fornire supporto militare e logistico a Kiev, sono passate oltre cinque milioni di persone in fuga dall’invasione russa.
Di queste tre milioni sono addirittura rientrate in Ucraina, circa un milione hanno proseguito verso l’ovest e un milione e mezzo hanno chiesto (e ottenuto) lo status di rifugiati temporanei. Altri 400mila si trovano in Repubblica Ceca, 80mila in Slovacchia, 50mila in Romania e 27mila in Ungheria. Anche i Paesi occidentali non sono da meno: In Germania sono state accolte 670mila persone, in Francia92 mila e in Italia quasi 150mila.
MA IL PUNTO è proprio questo, quanto potranno sopportare gli autoctoni? È innegabile che i Paesi confinanti con l’Ucraina hanno rivisto nei volti spaventati dei loro vicini un futuro possibile anche per loro. Le voci che l’esercito russo volesse arrivare in Transnistria o addirittura entrare in Polonia in primavera erano ancora forti e non si può dire che nei pensieri dei moldavi questa eventualità sia del tutto sparita.
Per questo un altro rapporto, Warm welcomes, lurking tensions (accoglienza calorosa, tensioni in agguato, ndr) dell’organizzazione umanitaria World Vision, si sofferma proprio su come la situazione potrebbe degenerare nelle prossime settimane.
L’organizzazione si sofferma su alcune cause del possibile deterioramento dei rapporti tra rifugiati e comunità locali che per gli osservatori attenti alla retorica xenofoba e nazionalista sotto tutt’altro che sconosciute. Le principali sono le notizie false (o artefatte) che diffondono cifre esagerate sulla quantità di aiuti che i rifugiati ricevono rispetto ai residenti, e di pari passo la tendenza a collegare i rifugiati a crimini violenti e all’estremismo politico.
Nel rapporto si legge anche che i messaggi anti-rifugiati si stanno già diffondendo sui social media e sui «media di nicchia» dei Paesi confinanti. In particolare, «in Romania, Moldavia, Polonia e in tutta l’Europa centrale e orientale si stanno già diffondendo messaggi che potrebbero alimentare tensioni contro i rifugiati» e, «sebbene non si tratti ancora di un problema grave, le tensioni stanno iniziando a svilupparsi in alcuni Paesi ospitanti».
WORLD VISION si sofferma sulla complessa situazione dei minori che stanno già subendo violenze psicologiche inaudite causate dalla separazione da uno dei genitori, dalla vita nei rifugi, dalla scarsezza di cibo e beni di prima necessità, oltre che dalla paura e dalla tensione costante, soprattutto nelle città vicine ai fronti. «I bambini potrebbero essere esposti a rischi quali abusi verbali e fisici tra le comunità di rifugiati e quelle di accoglienza, traffico di esseri umani e altro ancora già a partire dal febbraio 2023».
Per non citare l’annoso problema dello sfruttamento della prostituzione in contesti a rischio quali, appunto, quelli delle comunità di profughi.
* Fonte/autore: Sabato Angieri, il manifesto
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