Rigassificatore nel porto, crescono le proteste a Piombino
La nave rigassificatrice Golar Tundra lunga quasi 300 metri per 40 di larghezza, che il governo vuol piazzare alle banchine del porto, muove la protesta di un territorio che da San Vincenzo arriva all’intero golfo di Follonica. Sabato nuova manifestazione: “I terminali galleggianti sono pericolosi. E le norme di sicurezza per quello che c’è al largo di Livorno interdirebbero alla navigazione un’area vastissima”
PIOMBINO. La nave rigassificatrice Golar Tundra lunga quasi 300 metri per 40 di larghezza che il governo vuol piazzare alle banchine del porto di Piombino, con il nulla osta del governatore dem Giani – unico invitato “locale” mercoledì al ministero per ratificare una decisione comunque presa da tempo – sta compattando nella protesta una fascia di territorio che, partendo da San Vincenzo, arriva all’intero golfo di Follonica. “Lo chiede l’Italia perché manca il gas”, dicono a chiare lettere il ministro della transizione ecologica Cingolani e lo stesso Giani, che spaccia come un successo l’assicurazione data da Snam di tenere in porto la Golar Tundra per soli tre anni, invece dei 25 inizialmente richiesti. “Ma come credere a queste promesse – rispondono i piombinesi – visti gli innumerevoli precedenti nel nostro paese, dove quello che viene dato per provvisorio diventa sempre definitivo?”.
Fra i protagonisti di una contestazione sempre più generalizzata c’è Maria Cristina Biagini, animatrice del “Gazebo 8 Giugno” nei giorni in cui Piombino scopriva di avere le caratteristiche adatte, secondo il governo, per “ospitare” il terminale galleggiante di rigassificazione: “All’inizio eravamo cinque gatti – ricorda sorridendo – e non avevamo un’idea precisa di quello che ci stava piovendo addosso. Allora ci siamo messi a studiare, scoprendo che la Toscana è stata l’unica regione che dopo una lunga procedura ha approvato un terminale galleggiante di rigassificazione, quello della società Olt Offshore oggi sistemato al largo della costa livornese”.
La procedura si è conclusa con l’approvazione del ‘Rapporto di Sicurezza’ redatto dal Comitato Tecnico Regionale, il quale ha previsto che, per evitare gli effetti di possibili incidenti rilevanti sulla popolazione, la nave fosse ormeggiata a 12 miglia marine dalla costa, circa 22 chilometri, con fondale di 120 metri, e con opportune zone di interdizione. La prima di interdizione totale al passaggio di imbarcazioni per un raggio di 2 miglia marine; la seconda che permette solo il passaggio a 4 miglia marine dall’impianto; e la terza che permette la sosta, ma solo per emergenze, in un raggio che arriva ad 8 miglia marine.
“Nel complesso abbiamo una zona di diversi chilometri quadrati – riepiloga Biagini – costantemente sorvegliata da una nave guardiana, per 365 giorni all’anno. E a quel punto abbiamo capito che le aree di interdizione previste intorno alla nave rigassificatrice di Livorno sono talmente vaste che, se proviamo a proiettarle sulla carta nel porto di Piombino, dovrebbe essere interdetta un’area che oltre alla città di Piombino comprenderebbe Baratti e l’estremità nord dell’Isola d’Elba, in un tratto di mare dove di solito transitano i traghetti turistici per l’Arcipelago Toscano. Altro che soli 200 metri di interdizione, come previsti nel progetto di Snam”.
Le conclusioni sono presto dette: “Eravamo partiti criticando il progetto di una nave rigassificatrice a Piombino – tira le somme Biagini – alla fine abbiamo capito che il problema è generale per tutti i rigassificatori”. “Impianti insicuri – osserva al riguardo la Sinistra italiana regionale – per portare gas liquido a costi ambientali altissimi dagli Usa. Una decisione illogica, ammantata solo di emergenza per la guerra, ma che nega alla radice il principio della transizione ecologica”. Perché, come osserva a sua volta la Rifondazione comunista toscana, “la crisi dell’approvvigionamento del gas e il rincaro del gas, così come il ricorso ai rigassificatori, sono una conseguenza del prolungamento di questa guerra”.
Per sabato è prevista una nuova, grande manifestazione di protesta. Anche le associazioni ambientaliste, Legambiente in testa, si sono mobilitate: “Per Livorno ci sono stati degli studi – ribadiscono – allora li vogliamo anche a Piombino, da affidare ad enti esterni e indipendenti, a centri universitari, sulla base di una corretta e rigorosa applicazione della normativa sulla sicurezza. Ma anche sulle conseguenze biologiche in mare e sui danni alle attività di itticoltura, visto che la presenza della Golar Tundra implicherà che ogni giorno saranno scaricati nel mare del porto fino a 50 chilogrammi di cloro”.
* Fonte/autore: Riccardo Chiari, il manifesto
ph by Floydrosebridge, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
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