“La riforma rispetti l’autonomia dei giudici”

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ROMA – Rassicura i giudici dell’Anm, saliti al Colle allarmatissimi dalla riforma presentata dal ministro Alfano. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura, riconferma Giorgio Napolitano alla giunta esecutiva guidata da Luca Palamara, «costituiscono principi inderogabili in rapporto a quella divisione tra i poteri che è parte essenziale dello Stato di diritto». Mette i paletti, di fronte alle polemiche scatenate dal progetto del Guardasigilli, il capo dello Stato. Che dice di sì al dialogo sulla giustizia, invoca anzi un «confronto senza pregiudiziali» fra tutte le parti in causa. E non chiude la porta all’idea di rimettere mano al Titolo IV della Costituzione nella logica di «una rimodulazione» degli equilibri fra i poteri dello Stato. Ma appunto a condizione, insiste il presidente della Repubblica, che la riforma sia «rispettosa» delle «distinzioni tra i poteri» e delle «funzioni di garanzia». E un’operazione tanto importante e delicata non può che avvenire ricercando la più ampia condivisione, «la massima disponibilità  all’ascolto e alla considerazione delle diverse impostazioni e proposte». Insomma non si può procedere a colpi di maggioranza, servono soluzioni «convincenti» avverte Napolitano, richiamando anche l’articolo 138 (che prevede il ricorso anche al referendum confermativo). E la strada della condivisione deve valere non solo per il progetto Alfano ma «deve comprendere anche la definizione di puntuali orientamenti per le leggi ordinarie attuative della riforma costituzionale». Solo che sul Colle non avvertono il clima giusto per far decollare il tutto. E anche dal colloquio con la delegazione dell’Anm scaturisce un nuovo richiamo del capo dello Stato. «Serve un confronto più sereno sulla giustizia», invoca Napolitano fin dalle prime righe della nota ufficiale che dà  conto appunto dell’incontro. Parole che, in una giornata dominata ancora dallo scontro sulle vicende del premier, con la Camera che approva il conflitto di competenze sul caso Ruby e il processo a Berlusconi a Milano, suonano come un altolà : è un braccio di ferro che al capo dello Stato non piace per niente. Per il governo, poi, arriva anche una tirata d’orecchie: il testo della legge Alfano, presentata in Consiglio dei ministri ormai una ventina di giorni fa, non è ancora stato trasmesso al Quirinale, che deve autorizzare la discussione alle Camere. Non è, fra l’altro, la prima volta che le bozze di legge ritardano a prendere la via del Colle. Alfano ci mette una pezza, «il testo l’ho trasmesso poche ore fa a Palazzo Chigi e da lì adesso verrà  subito inoltrato», e nel pomeriggio finalmente il provvedimento approda al Colle. Apprezzamento, sul fronte politico, arriva subito da Bossi: «Ha fatto bene Napolitano a parlare di separazione dei poteri». Alla fine del colloquio al Quirinale, chiesto per illustrare al capo dello Stato la grande preoccupazione dei giudici di finire “sotto il controllo” dell’esecutivo, il sindacato delle toghe si sente «rinfrancato». Spiega il presidente dell’Anm Palamara di aver riscontrato «grandissima attenzione» ai problemi sollevati. Che vanno dalla riforma costituzionale ai «non meno insidiosi» progetti di legge ordinaria, ovvero responsabilità  civile dei giudici e prescrizione breve. «Noi non siamo chiusi al confronto, non siamo corporativi, ma temiamo quando si vogliono decostituzionalizzare dei principi-chiave». E le proteste annunciate, lo sciopero delle toghe? La “mediazione” di Napolitano sembra aver “indirizzato” per il momento l’Anm sulla via delle trattative: oggi vedranno Schifani, quindi Fini e poi giro di incontri con i gruppi parlamentari. «Poi, tireremo le somme e decideremo le iniziative da prendere». Intanto, il processo breve approda oggi al Csm: c’è l’ok di Napolitano alla discussione, annuncia il vicepresidente Vietti, e mette a tacere le proteste dei laici del Pdl.


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