Il sogno del «modulo C3» In fila per andare in Francia

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MANDURIA (Taranto)— Tutte queste vite disposte in fila indiana potrebbero essere raccontate con le solite due righe, lacrimose oppure asciutte. Chokri, Amer, Walid, Aiman, giovani e stanchi, con le mani che stropicciano di continuo i grandi occhi neri. Sono scappati da posti senza niente, hanno lavorato mesi per pagarsi il passaggio clandestino, l’hanno sognato e poi intrapreso. E adesso sono qui davanti a un gabbiotto prefabbricato con la sigla della Polizia di Stato. La continuazione del loro viaggio dipende da quel che succede nella mezz’ora che devono trascorrere in questa specie di container di plastica ai bordi della tendopoli di Manduria, reso bollente dal sole. Uno alla volta. Quando sono dentro, devono raccontare la loro storia, dare generalità  che non possono essere verificate, fare richiesta di permesso umanitario temporaneo, motivandolo con la necessità  di essere protetti dal governo del proprio Paese. La coda è lunga un centinaio di metri. La ricompensa per un’attesa che dura almeno tre ore si chiama C3, la sigla del modulo che avvia la pratica per accedere allo status di rifugiato. Il lasciapassare per la Francia, il Belgio, per un’altra tappa del viaggio. «Grazie Italia, siete un grande Paese» . Chokri è a una decina di metri dal traguardo, e non sta più nella pelle. «State dimostrando che da voi esiste la libertà » . Il segreto della calma apparente del centro d’accoglienza di contrada Pajoni è dentro quella casetta. A nulla serve il fossato in via di costruzione intorno al campo, lo schieramento di Polizia, il permesso agli ospiti di entrare e uscire senza alcun problema, a piacimento. Sarebbe tutto inutile se non ci fosse il miraggio di quel pezzo di carta, a poco varrebbe anche la draconiana ordinanza del prefetto di Taranto, che vieta qualunque forma di manifestazione, picchetto, presidio e accesso degli estranei intorno all’area. «Gli agenti e i mediatori culturali ci dicono che avremo quel documento» dice Chokri esibendosi in un sospiro di desiderio. Le proteste finiscono inseguendo questo miraggio. Le notizie della nostra politica, come il possibilismo della Lega sul rilascio dei permessi temporanei, filtrano nella coda per bocca dei tunisini che parlano italiano, e sono la miglior panacea possibile per una situazione che fino a due giorni fa era una specie di delirio a cielo aperto. I divieti della prefettura riguardano anche la diffusione di volantini, ma in qualche modo quasi tutti i migranti sono in possesso del vademecum diffuso dalla Cgil, stampato in arabo e francese. «Se sei uscito dal campo con le tende è utile che tu sappia: se torni ed esprimi la volontà  di chiedere asilo potrai automaticamente accedere alla procedura…» . Il consiglio per prepararsi all’intervista con l’agente che li attende nella casetta è di non arrivare impreparati. Meglio scrivere la propria storia personale su un foglio, «nella lingua che preferisci» . Le istruzioni per l’uso sono condite con alcuni moniti. «Se decidi di non tornare al campo sappi che al momento non esiste alcuna possibilità  di stare in Italia per motivi di lavoro» . Tutto porta verso la coda davanti alla casetta di plastica, il vero punto di equilibrio della tendopoli. Le tensioni restano fuori, ai bordi della strada, dove i migranti passeggiano guardando la consueta sfilata di politici e sindacalisti italiani che contestano il prefetto. Viene respinta ai cancelli anche Betty Williams, premio Nobel per la pace nel 1976, che non la prende bene. «Questa gente scappa da una tirannia— ha commentato l’attivista irlandese — ed è arrivata in un’altra tirannia. È una situazione assurda» . Il sindaco di Manduria invece non protesta più. Paolo Tommasino, dimissionario dal giorno del primo invio di 1.700 immigrati, ha ritrovato il sorriso. Ieri gli ha telefonato Silvio Berlusconi, chiedendo scusa per il disturbo e promettendo che quota 1.500 non verrà  più superata. I prefetti di tutte le provincie pugliesi hanno intanto deliberato un tetto massimo di 4.000 unità  da accogliere in Puglia. I migranti verranno ospitati anche negli immobili sequestrati in questi anni alla criminalità  organizzata. La parvenza d’ordine alla tendopoli si increspa solo verso le otto di sera. Dai cancelli arrivano urla e imprecazioni. La delegazione Cgil e i ragazzi delle organizzazioni umanitarie cercano di interpretare le ragioni di quella nuova dimostrazione di malcontento. Vista l’ora, qualcuno ipotizza che sia per la qualità  scadente del cibo. Altri si dicono convinti che sia in programma un nuovo sciopero della notte, con gli immigrati che scelgono di dormire all’addiaccio nei campi. Chokri, in libera uscita dopo aver fatto la sua trafila nella casetta di plastica, rassicura tutti. Niente di irreparabile. Sono finiti i moduli C3, l’ufficio ha chiuso con un quarto d’ora di anticipo. (ha collaborato Nazareno Dinoi)


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