USA. Michigan: un video mostra nero immobilizzato e ucciso dalla polizia
Rabbia e indignazione dopo la diffusione del video choc che mostra la morte di Patrick Lyoya, un immigrato congolese, ultima vittima inerme di un poliziotto bianco negli Stati uniti
NEW YORK. La polizia di Grand Rapids, nel Michigan, ha reso pubblico un video in cui si vede un poliziotto bianco sparare a un uomo che si trovava immobilizzato a terra, uccidendolo. Il 26 enne Patrick Lyoya, padre di 2 bambini, era immigrato in Usa dalla Repubblica Democratica del Congo. I filmati che circolano sono stati registrati dall’auto della polizia, dalla telecamera che si trovava sulla divisa del poliziotto e dalla telecamera di sorveglianza di un vicino; l’episodio risale al 4 aprile.
L’agente aveva fermato Lyoya mentre era alla guida della sua auto, nei video si vede l’uomo uscire dal veicolo e chiedere “Cosa ho fatto?” al poliziotto che vuole vedere la sua patente e che gli ordina di rientrare in macchina. Lyoya inizialmente sembra obbedire, poi lo si vede chiudere la portiera e tentare di allontanarsi, e resistere ai tentativi degli agenti di ammanettarlo. Dopo un inseguimento a piedi l’uomo é stato raggiunto, fermato e fatto cadere per terra, e mentre era immobilizzato il poliziotto gli ha sparato alla testa, uccidendolo.
A seguito della diffusione dei video centinaia di persone si sono radunate in piazza Rosa Parks, nel centro di Grand Rapids, per protestare contro l’ennesima uccisione di un cittadino nero da parte di un poliziotto bianco, e marciare fino al dipartimento di polizia: la famiglia di Patrick ha definito l’accaduto “un’esecuzione”.
Poche ore dopo la pubblicazione dei video del Michigan é tornato in scena anche Benjamin Crump, avvocato afroamericano, specializzato in casi di lesioni personali e cause per omicidio colposo, diventato una bandiera dei diritti civili dopo avere rappresentato i cittadini avvelenati durante la crisi idrica di Flint, Michigan, così come i casi degli omicidi degli afroamericani Trayvon Martin, Michael Brown e George Floyd.
Ora non aiuta a dissipare la tensione la mossa del capo della polizia Eric Winstrom, che si rifiuta di identificare il poliziotto che ha ucciso Lyoya a meno che non ci siano accuse penali. Attualmente l’agente è in congedo retribuito ma i suoi poteri di polizia sono stati sospesi.
La situazione a Grand Rapids è potenzialmente una polveriera: la maggior parte della popolazione è bianca, solo il 18% gli afroamericani , e la città ha alle spalle una storia di tensioni razziali con la polizia. Nel dicembre 2017 gli agenti avevano fatto irruzione in una casa, bloccato e ammanettato a pistole sguainate un’undicenne che stava uscendo per fare compere. Nel luglio 2020 una manifestazione per l’uccisione di Breonna Taylor era stata sgomberata violentemente dagli agenti che si erano scontrati con un i manifestanti; a febbraio 2021 due adolescenti neri erano stati fermati, perquisiti, fotografati e gli erano state prese le impronte digitali senza che fossero accusati di alcun reato.
Con questi precedenti non esemplari alle spalle l’omicidio di Lyoya ha avuto un’eco a livello nazionale e il dibattito verte sul fatto che nonostante il movimento Black Lives Matter, non sembra che il tasso di omicidi della polizia sia diminuito. L’anno scorso i neri americani sono stati il 27% delle persone uccise dalla polizia, il doppio rispetto ai bianchi.
Dopo l’omicidio del 18enne disarmato Michael Brown, ucciso dalla polizia nel 2014 a Ferguson, in Missouri, un’indagine del Washington Post aveva rilevato che l’Fbi sottostimava di più della metà il numero di uccisioni di afroamericani da parte della polizia, questo perché la segnalazione da parte dei dipartimenti di polizia è volontaria e molti dipartimenti, in quei casi, non lo facevano.
Di sicuro ora c’è più trasparenza, ma le analisi dei dati rivelano che il numero e le circostanze delle sparatorie mortali e i dati demografici complessivi delle vittime afroamericane sono rimasti costanti.
* Fonte/autore: Marina Catucci, il manifesto
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