Nelle stanze del potere è l’ora dei cinquantenni

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MILANO – Un quarantasettenne alla presidenza dell’Eni e un cinquantenne a quella dell’Enel. Tutti e due fortemente voluti dal ministro Giulio Tremonti che ha probabilmente deciso che è ora di ringiovanire la classe dirigente italiana. A cui si aggiunge un bravo manager, Giuseppe Orsi, che piace alla Lega e che diventa l’uomo forte di Finmeccanica sotto un ridimensionato Guarguaglini. Le nomine di Giuseppe Recchi al vertice del colosso petrolifero e di Paolo Colombo sul gradino più alto della società  elettrica rappresentano un segno di discontinuità  con il passato. Il primo può contare sull’esperienza internazionale in un gruppo multinazionale come General Electric, di cui oggi è presidente per il Sud Europa. Laureato in ingegneria al Politecnico di Torino, discendente di una famiglia con una lunga tradizione nel ramo delle costruzioni, nel 1995 la carriera di Recchi assume una piega del tutto inaspettata. Una sera a cena Paolo Fresco lo presenta a Jack Welch con cui entra subito in sintonia. Entra in Ge lavorando nel ramo finanziario prima a Stanford e poi a Londra e poi è in Ge Italia dove c’è da implementare la prima vera privatizzazione italiana, il Nuovo Pignone, acquistato proprio dall’Eni nel lontano 1994. In un decennio la sede di Firenze del Nuovo Pignone è diventata l’headquarter mondiale del settore Oil & gas della Ge e Recchi ha imparato bene cosa vuol dire lavorare in un gruppo che solo nel periodo 2000-2007 ha concluso 360 acquisizioni per un valore di 223 miliardi di dollari. «Non è così azzardato paragonare la gestione di un’azienda come Ge a quella di uno Stato – aveva detto Recchi ad Affari & Finanza – la complessità  dei problemi quotidiani è simile, la differenza è che non devi gestire un consenso quotidiano ma devi creare valore». Tutto diverso il percorso di Paolo Colombo, commercialista milanese e professore alla Bocconi, ha aperto una boutique di merger & acquisition insieme al finanziere Arnaldo Borghesi con la quale recentemente il colosso Citigroup ha stretto un’alleanza per il mercato italiano. Colombo è presente in svariati consigli di amministrazione tra cui quello di Mediaset ed è sempre stato considerato un uomo di collegamento tra diversi mondi. È stato presidente del collegio sindacale di Intesa Sanpaolo, stimato dal presidente Giovanni Bazoli, fu consigliere di Rcs Quotidiani nell’era Romiti e il consulente della famiglia al momento della loro travagliata uscita dal gruppo editoriale. È stato chiamato dalla Fininvest di Silvio Berlusconi a redigere la perizia di parte nella complessa materia del Lodo Mondadori e ricopre numerose cariche nelle società  dei costruttori milanesi Cabassi. Quando era presidente del consiglio sindacale dell’Eni si distinse per essersi messo di traverso all’operazione che vedeva Giuseppe Mentasti intermediario per conto di Berlusconi del gas proveniente dalla Russia. Diventato consigliere nell’era di Paolo Scaroni, ha ritenuto un danno per l’Eni il trattato di amicizia con la Libia che impone alla società  italiana di pagare 5 miliardi in venti anni al paese guidato da Gheddafi.


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