Cgil e Uil: «Sciopero generale contro la pandemia salariale e sociale»

Cgil e Uil: «Sciopero generale contro la pandemia salariale e sociale»

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La protesta. Sciopero generale di Cgil e Uil di 8 ore contro la legge di bilancio del governo Draghi: «Insieme per la giustizia». Manifestazioni a Roma, Milano, Bari, Palermo e Cagliari. Esonerate la sanità pubblica e privata, le Rsa in prima fila nell’emergenza Covid

«Insieme per la giustizia». Questo è lo slogan scelto per lo sciopero generale di otto ore indetto oggi da Cgil e Uil contro la legge di bilancio del governo Draghi. Cinque sono le piazze convocate da Nord a Sud: a Roma a Piazza del Popolo con Maurizio Landini e Pier Paolo Bombardieri, e le iniziative interregionali previste a Bari, Cagliari, Milano e Palermo. Dallo sciopero sono esonerati i settori dell’igiene ambientale, gli sportelli delle Poste, la sanità pubblica e privata, le Rsa in prima fila nell’emergenza pandemica da Covid. Chi non potrà astenersi dal lavoro è stato invitato a portare un segno di riconoscimento in solidarietà con lo sciopero.

PER QUANTO RIGUARDA i trasporti, i treni si fermeranno dalle 0:01 alle 21, nel rispetto delle fasce di garanzia dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21, garantiti i treni di medio-lunga percorrenza. Stop bus, tram, metropolitane e ferrovie nel rispetto delle fasce orarie di garanzia. Nelle autostrade si ferma il personale, garantiti i servizi minimi. Stop nella logistica, compresi i rider Cgil e Uil. Nei porti lo sciopero sarà domani di 24 ore. Nelle piazze oggi ci saranno, tra gli altri, l’Arci, gli studenti di Udu e Rete degli studenti medi, i pensionati di Spi-Cgil e Uilp. I confederali sono tornati a dividersi. La Cisl di Luigi Sbarra si è tirata fuori dal “sindacato unitario e non unico”. Sabato, manifesterà a piazza Santi Apostoli a Roma con uno slogan polemico: «La responsabilità scende in piazza».

LO SCIOPERO generale arriva dopo 21 mesi di pandemia che hanno ridotto i salari e i redditi già stagnanti del lavoro dipendente, hanno messo alle corde quello autonomo e hanno alimentato il mulinello del precariato che sostiene il rimbalzo tecnico del Pil (+6,2%) dopo il crollo dell’8,9% del 2020. Sono stati diversi i modi per delegittimare la protesta. Prima l’aggressività di un sistema mediatico che, a reti e giornali unificati, ha avuto una crisi di nervi. La pandemia è usata come alibi: protestare è «folle» o «irresponsabile». Chi critica si scelga il suo Hyde park corner. Poi sono state rilanciate le ragioni di una presunta «oscurità» delle ragioni dello sciopero, mentre in realtà sono chiarissime.

INFINE È STATO DESCRITTO un Draghi ostaggio della sua maggioranza Frankenstein che ha bocciato un contributo biennale di solidarietà sui redditi superiori ai 75 mila euro per neutralizzare l’aumento dei costi dell’energia. Questione che non riguarda, se non indirettamente, la richiesta dei sindacati di destinare gli 8 miliardi sull’Irpef ai lavoratori dipendenti e pensionati, evitando gli effetti regressivi voluti sia dal governo che dalla sua maggioranza che premieranno i redditi medio-alti ai danni di quelli bassi e bassissimi.

FALSE PISTE create per confermare la legge della postdemocrazia, quella del pilota automatico: nessuna infrazione alla sua «razionalità» fittizia identificata con il «reale» è tollerata. è la regola del Draghistan, in vista della sua prossima mutazione verso l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Da questo giro di valzer si sono lentamente sfilati i Cinque Stelle. Dopo i mal di pancia provocati dall’allusione a un “conflitto sociale”, tutto da costruire, dal Pd hanno seguito il doppio binario: «comprendiamo lo sciopero» ma «non lo condividiamo». Nell’arco parlamentare aderiscono allo sciopero Sinistra Italiana, Articolo 1 (Bersani) e pochi altri. «Non abbiamo dichiarato la terza guerra mondiale – ha detto Bombardieri – Esercitiamo un diritto democratico». Dirlo sembra un’eresia, oggi.

MARIO DRAGHi, il sole attorno al quale gira il sistema, ieri ha fatto sapere che “dal governo c’è colloquio, confronto e ascolto e non c’è stata alcuna volontà punitiva verso i sindacati”. E lunedì 20 Cgil, Cisl e Uil torneranno a sedersi insieme a un altro giro di tavolo sulle pensioni con il governo. Le parti restano distanti. I sindacati intendono ridiscutere la Fornero, chiedono una «pensione di garanzia» per i giovani. Nessuna misura entrerà comunque nella manovra e resta tutto da discutere la sostenibilità sociale del sistema contributivo.

MAURIZIO LANDINI ieri ha rilanciato l’appello a scioperare perché c’è bisogno di «combattere una pandemia salariale e sociale che non ha precedenti». «La vita e le condizioni delle persone sono nettamente peggiorate e quindi i provvedimenti del governo devono essere cambiati». Contro il precariato chiede «di cancellare forme di lavoro assurde, dai tirocini ai lavori a chiamata che non hanno ragione di esistere. È il momento di introdurre un unico nuovo contratto di inserimento al lavoro che abbia natura formativa e sia finalizzato alla stabilizzazione del lavoro che viene assunto». La proposta sembra minimalista rispetto all’urgenza dei problemi. Cgil e Uil chiedono inoltre politiche industriali che creino lavoro vero, di qualità e un decreto per dire basta alle delocalizzazioni.

IL PROBLEMA non è lo sciopero in sé, pur tardivo e forse non preparato adeguatamente, ma comunque decisione non scontata considerato il clima da lesa maestà che si respira. Il problema è il tipo di conflittualità che ci sarà dopo, se sarà duratura e coinvolgerà la società. I precedenti non lasciano ben sperare. Sono passati sette anni dallo sciopero contro il Jobs Act di Renzi e del Pd. Quello di oggi fa ancora i conti con quella legge sciagurata.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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