Il Cavaliere e l’incubo del governo tecnico “Ci proveranno dopo le amministrative”

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E tuttavia al premier non è affatto piaciuta l’iniziativa di Napolitano di convocare per chiarimenti al Quirinale tutti i capigruppo di Camera e Senato, «dando così l’impressione che fossimo vicini a una crisi di governo». Rivelatrice la battuta pronunciata dal Cavaliere nel corso di uno dei numerosi incontri di ieri a via del Plebiscito: «Anche se siamo già  ad aprile questi sperano di nuovo nelle idi di marzo». Poi, come a esorcizzare il pericolo mortale, buttandola a ridere: «Si illudono se sperano di farmi fuori. Più insistono e più vado avanti con il bunga bunga». Eppure il ghiaccio su cui il Cavaliere sta pattinando si fa sempre più sottile. Lo dimostra proprio la procedura eccezionale messa in atto dal capo dello Stato appena sbarcato da New York. Delle consultazioni informali durante le quali tutti i “convocati” hanno confermato al Presidente le incognite e i dubbi che serpeggiano sulla durata della legislatura. Non c’è solo Montezemolo infatti. Anche Pier Ferdinando Casini è tornato a parlare di elezioni anticipate e di «un governo diverso, per cui è necessario uno sforzo di unità  nazionale». E anche se al momento non si vedono i segnali di una crisi imminente, il caos che regna in Parlamento costituisce il brodo di coltura perfetto per ogni tipo di soluzione. Non a caso a uno dei capigruppo ricevuti al Quirinale, Napolitano ha consegnato una frase sibillina, che suona come un ammonimento: vediamo cosa combinano la prossima settimana. Per questo il Cavaliere ha iniziato a studiare le contromisure. Anzitutto «l’imperativo categorico» è pacificare il partito di maggioranza, dilaniato dalla guerra tra ex forzisti ed ex-aenne. Come dice Gaetano Quagliariello, «dobbiamo imporre una “no-FLI-zone” e non imitare dinamiche rivelatesi fallimentari». Un rimprovero rivolto anzitutto a Claudio Scajola, tentato da una scissione in chiave azzurra. Ma è sulle amministrative di maggio che Berlusconi cerca la sua rivincita e prova a costruire quel pilastro su cui poggiare i prossimi 24 mesi di legislatura. «Ci basta strappare alla sinistra qualche città  – ha spiegato il premier – per poter dire che abbiamo vinto. Così vanificheremo qualsiasi tentativo di ribaltone. In giro per il mondo, dal Canada alla Francia, per non parlare del disastro della Merkel, chi sta al governo perde le elezioni. Noi invece le vinceremo». A quel punto, prosegue il ragionamento, «nessuno potrà  più aprire bocca, dovranno tutti rassegnarsi al fatto che il governo andrà  avanti fino alla fine». Per Berlusconi infatti scavallare maggio significa già  proiettarsi nel 2012 e, a quel punto, non ci saranno più ostacoli fino alla scadenza naturale della legislatura. «Ma – è il suo timore – se invece le amministrative vanno male, allora proveranno ancora a farmi fuori». Intanto, già  dalla prossima settimana, i reclutatori del Pdl prevedono altri 2 o 3 arrivi in maggioranza. «Se arriviamo a 330 voti alla Camera – ragiona una delle teste d’uovo di palazzo Grazioli – voglio proprio vedere Napolitano come farà  a sciogliere le Camere, ammesso che lo voglia». Ma dal Quirinale in questi giorni filtra un certo scetticismo su questi numeri, visto che finora, nelle votazioni calde, la maggioranza si è sempre fermata intorno a 304-305. In ogni caso, a Berlusconi in questa fase conviene fare buon viso a cattivo gioco. E dare l’impressione di condividere l’inquietudine del Colle per l’eccesso di rissosità  in Parlamento. «Noi siamo una forza di governo – spiega il ministro Gelmini – e dunque siamo i primi ad essere svantaggiati dalla lite continua. Quello è il terreno di gioco ideale dell’opposizione».


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