“A questo punto meglio il voto” l’affondo di Bersani e Casini

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ROMA – Il livello d’allarme e di preoccupazione è tale che il presidente Napolitano richiama ancora le forze politiche ad abbassare i toni. Al Quirinale ha convocato ieri, secondo giorno di colloqui, i capigruppo di Idv (Massimo Donadi e Felice Belisario) e della Lega (Marco Reguzzoni e Federico Bricolo). Rinnovando l’appello ad avere «senso di responsabilità ». Un nuovo avviso per dire che così non si può andare avanti e il confronto politico deve tornare dentro binari accettabili, che si è superato il livello di guardia e l’immagine e il prestigio internazionale dell’Italia subiscono durissimi colpi. La situazione è delicata – ha ricordato il capo dello Stato – c’è il conflitto in Libia, la crisi economica, e il Parlamento deve affrontare le urgenze del paese con senso della misura. In un’atmosfera così esasperata, le manifestazioni di piazza rischiano di trascendere e – ha riferito Donadi all’uscita del colloquio al Colle – «Napolitano ha auspicato che si evitino in futuro mobilitazioni a ridosso dei luoghi d’accesso alle sedi istituzionali», come quella di mercoledì con il lancio di monetine al ministro La Russa sulla soglia di Montecitorio. Tutti, almeno a parole, hanno accolto l’ammonimento di Napolitano ma la verifica ci sarà  già  la settimana prossima, quando alla Camera si concentreranno i voti sul conflitto d’attribuzione su Ruby, sul processo breve oltre all’informativa di Maroni sugli immigrati. Consapevolezza comune dei partiti è che in tanta tensione la continuità  della legislatura diventa un’incognita. La stessa convocazione a turno dei presidenti dei gruppi (tutti quelli “originari” cioè presenti all’inizio della legislatura, e non costituiti per scissioni) è un segnale dell’emergenza. L’opposizione pensa alle urne. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani invoca il voto: «Il governo non c’è, lo vedono tutti. Quando c’è fa dei pasticci. Qualsiasi cosa è meglio di questa situazione, elezioni comprese». Anche Pier Ferdinando Casini, il leader Udc, mette nel conto il voto a giugno, perché così «non ha senso andare avanti, con il capo del governo preoccupato solo dei suoi processi, un Parlamento paralizzato». Quindi, «bene il richiamo di Napolitano», e aggiunge che «i tempi tecnici ci sono per le elezioni a giugno». Sarebbero la soluzione per uscire dalla paralisi parlamentare anche per Fli, il partito del presidente della Camera, Gianfranco Fini. Contro Fini si scatena la Lega. I lumbà rd fanno partire un attacco alzo zero, chiedendone le dimissioni. Il ministro Calderoli rincara: «Il pesce puzza dalla testa…oggi il problema è quello del presidenza della Camera che ha sì il dovere di tutelare le minoranze ma non può tutti i giorni prendere a calci la maggioranza per il livore che lui ha verso Berlusconi». Se il governo è andato sotto sul verbale da approvare, giovedì, la colpa per il Carroccio non è dei numeri (che la maggioranza non ha) e dell’affannosa corsa dei ministri arrivati fuori tempo, bensì di Fini. I capigruppo del Carroccio hanno sollevato la questione anche nel colloquio al Quirinale, ma Napolitano ha ricordato la correttezza dei rapporti istituzionali che non consentono certo al presidente di interferire nell’autonomia del Parlamento. Secondo il Pdl la legislatura può continuare, ci sono «le condizioni per andare avanti». Schifani, il presidente del Senato, esorta a «recepire l’appello del capo dello Stato» e parla di «margine per fare le riforme».


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