Caro-benzina, il paradosso delle accise

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“Un piccolo sacrificio di uno o due centesimi, che tutti gli italiani saranno lieti di poter fare”. Gianni Letta commentava così, un mese fa, il reintegro del Fondo Unico per lo Spettacolo, la riduzione del prezzo del biglietto del cinema e lo stanziamento per i beni e per gli istituti culturali. Con quali soldi? Oltre 300 milioni di euro provenienti dalle accise sulla benzina. Quindi dalle nostre tasche. A marzo – notizie Istat di oggi – il costo della vita è aumentato del 2,5 percento, il massimo in tre anni. I carburanti sono aumentati del 3,4 su base mensile e del 12,4 percento dal 2010.

Federconsumatori ritiene che i rincari “raggiungeranno i 1.164 euro annui” per ogni famiglia italiana. Per l’associazione “è ormai chiaro che la spiegazione a tale andamento può essere individuata solo nell’esistenza di forti speculazioni”. Federconsumatori suggerisce quindi, tra le altre cose, un “calmieramento dei prezzi e il riequilibrio della tassazione sui carburanti attraverso il meccanismo dell’accisa mobile”. Cos’è l’accisa mobile? E’ uno strumento che contrasta automaticamente l’aumento dell’Iva quando il prezzo del petrolio si impenna, evitando così che gli utenti sopportino aumenti clamorosi del prezzo del carburante, facendoli assorbire dai produttori e dall’erario.

La benzina costa oggi 1.558 euro al litro. L’aumento è determinato dalle condizioni di instabilità  dei Paesi di produzione, Libia in primis. Ma il prezzo dei carburanti al consumo non dipende solo dagli aumenti decretati dai produttori. Nel nostro Paese, infatti, oltre alle aziende che stabiliscono rincari per motivi di approvigionamento e logistici, al guadagno dei gestori della pompa, c’è la questione delle tasse: accisa e Iva. E’ una questione nota da anni, perché di centesimo in centesimo accise e Iva sono arrivate a comporre la metà  del prezzo di un litro di benzina.

Essendo una tassa di scopo, una volta raggiunto l’obiettivo, la tassa dovrebbe scomparire. E invece l’accisa è rimasta tutt’altro che temporanea. Anzi. Pagando la benzina, forse non tutti sanno che si paga la guerra di Abissinia (1935), la crisi di Suez (1956), il disastro del Vajont (1963), l’alluvione di Firenze (1966), il terremoto del Belice (1968), del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980), e via dicendo fino al contratto degli autoferrotranvieri del 2004 e, ultimo in ordine cronologico, il cinema italiano. Come dice Letta, gli italiani sono lieti di poter contribuire allo sviluppo culturale del nostro Paese, soprattutto in ragione del livello qualitativo del nostro cinema. E sarebbero altrettanto lieti se lo Stato italiano, reiterando la sperimentata arte della presa per il culo, avesse in programma di finanziare con le accise anche la seconda guerra di Libia.


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