Ma il premier rilancia: allargherò la maggioranza
ROMA — In politica non esistono i cattivi pensieri, ma andreottianamente Berlusconi aveva annusato l’aria e si era preparato alla mossa di Napolitano, al rito della convocazione dei capigruppo al Quirinale che evoca da sempre una situazione di emergenza, da crisi di governo. A Cicchitto e Gasparri era stato affidato per tempo un preciso mandato: ascoltare i rilievi del presidente della Repubblica— preoccupato per l’agibilità dei lavori parlamentari — assicurando e chiedendo il rispetto delle regole e dei comportamenti, e sottolineando come il clima di certe manifestazioni nelle vicinanze delle Camere si rifletta poi nelle aule parlamentari. Ma soprattutto i due messaggeri del premier dovevano rappresentare a Napolitano la volontà della maggioranza di andare avanti, rivendicando «il diritto» di proporre certi disegni di legge: un modo politicamente corretto per far capire come il centrodestra sia intenzionato a non accantonare le norme sul processo breve. Conclusa la missione, i due capigruppo hanno raccontato al Cavaliere le valutazioni del capo dello Stato, deciso a esporsi per verificare se esistono le condizioni per il prosieguo della legislatura. E secondo il loro resoconto l’inquilino del Colle avrebbe convenuto sul fatto che «talune manifestazioni sarebbe preferibile si svolgessero lontano dalle sedi del Parlamento» . Per una volta Berlusconi non è parso impreparato. Anzi, al Napolitano di ieri sera aveva risposto di fatto già ieri mattina, annunciando ai ministri che «la maggioranza sta per allargarsi ulteriormente» , che «la prossima settimana il governo consoliderà la propria base parlamentare» , perché «altri deputati verranno con noi, e altri se ne aggiungeranno in un prossimo futuro» , tanto da indurre il premier a dire che «supereremo quota 330» a Montecitorio. In molti lì per lì non avevano capito per quale motivo il Cavaliere si fosse spinto a cambiar discorso mentre l’esecutivo era intento a far quadrare i numeri dell’emergenza migratoria, mentre alla Camera andava in scena un altro psicodramma. L’hanno intuito in serata. È stato un modo indiretto, quello del premier, per contrapporsi a un’operazione vissuta con sospetto e che era stata oggetto di un’analisi già mercoledì notte, poche ore dopo la rissa a Montecitorio che aveva coinvolto il ministro La Russa. Secondo Berlusconi e il suo stato maggiore, «le opposizioni» stanno tentando il tutto per tutto per indurre il Quirinale a sciogliere le Camere, non per assenza di una maggioranza, ma per mancanza di funzionalità dell’organo istituzionale. E non è un caso se il Cavaliere ha detto «le opposizioni» : a suo avviso infatti «anche Casini vuole la mia condanna» , e l’obiettivo è impedire il varo della legge sul «processo breve» . Nell’operazione Berlusconi inserisce anche Fini, con la sua gestione dei lavori della Camera che ha fatto saltare i nervi persino al tenero Alfano. Non è chiaro se nei suoi pensierini andreottiani il premier comprenda anche Napolitano nel disegno a lui ostile, non ne ha fatto cenno. Di certo ha chiesto di «evitare d’ora in poi di fornire pretesti» a chi vuol far passare la tesi che il Parlamento sia ingovernabile, anche perché un simile scioglimento delle Camere — in presenza di una maggioranza— darebbe l’idea di una fase di emergenza democratica. «Un alibi perfetto per Casini» , a detta del premier, sempre convinto che il leader dell’Udc sia «pronto ad accettare l’intesa con la sinistra» . E secondo i suoi amatissimi sondaggi «oggi il terzo polo sarebbe decisivo» nella contesa elettorale, visto «l’enorme numero di indecisi» : con il centrodestra al 42%e «l’intera sinistra» al 40%, l’ 8%che viene accreditato al terzo polo consegnerebbe Berlusconi alla sconfitta, «anche se Casini perderebbe consensi alleandosi con il Pd» . Per questo il Cavaliere mira al 2013. Non è chiaro come pensi di arrivarci, viste le condizioni in cui versa la coalizione di centrodestra. Eppure è pronto a depotenziare la mossa del Colle presentando una strategia che prevederebbe l’avvio della stagione delle riforme in Parlamento «dopo Pasqua» : alla Camera verrebbe presentata la riforma della Giustizia, mentre in contemporanea il Senato dovrebbe iniziare a discutere la revisione della forma di Stato. Più che un’agenda, sembra un libro dei sogni che si scontra con la realtà : tra conflitti nel Pdl, liti con la Lega, posti di sottosegretario da assegnare. E con la legge sul processo breve da far approvare alla Camera entro la prossima settimana. Altrimenti…
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