Lo spot di Sarkozy in Giappone

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TOKYO – Ci mancava anche Sarkozy. Il premier giapponese Naoto Kan, che di gatte da pelare non ne ha poche e che avrebbe volentieri evitato, in questo momento, un vaporoso incontro che fa comodo solo all’ospite, è stanco e con la testa altrove. Ma sta al gioco. E nonostante il presidente francese, che in pratica si è autoinvitato, tratti il Giappone come un paese che fu, ringrazia, apprezza e sorride. E tira fuori perfino un bel proverbio: «Il vero amico lo si incontra sotto la pioggia». Peccato che con le nubi che incombono di questi tempi, suoni un po’ macabro. Ma tant’è. Dopotutto ieri in Giappone era un giorno «butsumetsu», il più sfigato che ci sia nel calendario buddista: la fine (metsu) del buddha (butsu). E guarda caso, «butsu» è anche il carattere che, sia pure solo foneticamente, i giapponesi usano per indicare la Francia. «Il mondo intero vi esprime rispetto, solidarietà  e ammirazione. Il Giappone è stato sempre generoso con i popoli in difficoltà . Spero che stavolta sia il mondo ad essere generoso con voi». Una bella frase, che Sarkozy centellina lentamente e che i colleghi giapponesi annotano felici, hanno il titolo già  pronto. Ma dietro le quinte, succede un po’ di tutto. Proviamo a raccontarlo. Innanzitutto, la visita in sé. I francesi l’avevano proposta sin dai primi giorni, i giapponesi avevano cortesemente sconsigliato. E pareva che con il blitz libico la cosa fosse stata archiviata, almeno per l’immediato. Ma se la solidarietà  può aspettare – o affidarsi ai comunicati – il business no. L’occasione di «piazzare» la propria tecnologia e i propri reattori è troppo ghiotta per essere rimandata, e la pressione della Areva, produttrice dei reattori «puliti» francesi, si fa sempre più forte. Alla fine, ci pensa Pechino a dare una mano, invitando Sarkozy, come presidente del G20 per un vertice di lavoro. A questo punto è difficile per Tokyo rifiutare il «visto» al presidente francese, che insiste, a nome del G20, per portare il suo saluto personale e la solidarietà  internazionale al povero Naoto Kan. Al quale non resta che abbozzare. Così, «scortato» da un esercito dell’Areva (i cui dirigenti, accorsi in massa, sono talmente occupati con i futuri partner da dover cancellare una attesissima conferenza stampa ) Sarkozy sale in cattedra illustrando la madre di tutti gli ossimori. Il nucleare sicuro. «Il nucleare ha senso solo se è sicuro, ed ecco perché noi francesi facciamo controlli rigorosissimi. L’incidente di Fukushima dimostra che certe regole di sicurezza forse non sono sufficienti. E dunque siamo pronti a rivederle. Tutti insieme». E così scavalcando tutto e tutti, convoca, on the spot, una sorta di «costituente» di tutte le agenzie per la sicurezza nazionale a Parigi, il prossimo maggio. «Per fare il punto della situazione e contribuire al dibattito che sicuramente vi sarà  prima della riunione della Aiea», l’Agenzia per l’Energia Atomica. Conferenza in occasione della quale, con efficace savoir faire, Sarkozy prevede di dare la parola, per primo, al Giappone. Nel frattempo, la Francia è a disposizione del paese per qualsiasi esigenza. Dottori, consulenti, esperti. Perfino robot telecomandati che non temono contaminazione e che possono essere utilizzati per arrivare dove nemmeno gli «eroi» precettati della Tepco possono arrivare. Un ottimo bigliettino da visita, per quando si tratterà , ma ci vorranno anni e anni, di fornire nuovi reattori. Anche perché i reattori, prima di essere smantellati e come dicono gli esperti, «decommissionati», vanno spenti. E su questo fronte siamo ancora… è proprio il caso di dirlo, in alto mare. Anche ieri la radioattività  dell’acqua circostante alla centrale ha continuato ad aumentare. Ora siamo a oltre 4.500 volte più della norma. «Valori accettabili» sostengono in molti. Segno evidente che la crisi è tutt’altro che sotto controllo avverte invece Greenpeace, che da ieri si è presentata in Giappone con i suoi esperti e ha subito consigliato al governo giapponese di allargare ad almeno 40 chilometri la zona di evacuazione. Ipotesi che il governo giapponese sta attentamente valutando e che avrebbe probabilmente già  preso se la regione di Fukushima avesse la densità  del Texas. Ma in Texas si tratterebbe di poche migliaia di persone. Qui di milioni. Speriamo che non piova.


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