Attacchi a terra e forze speciali la vera guerra degli alleati per liberare la Libia da Gheddafi

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La strategia moderna contempla la guerra come un fatto normale, senza fine, senza misura certa della vittoria o della soglia della capitolazione. I bombardamenti di questi giorni in Libia, i ribelli che combattono e i civili che scappano fanno parte di questa normalità  così come sono normali la disparità  delle forze in campo, la volontà  di usarle e la varietà  di posizioni espresse sul piano politico-diplomatico. Una volta demandata la responsabilità  delle operazioni militari a qualcun altro, in questo caso fingendo che la Nato sia un “altro”, la guerra può continuare con i suoi ritmi normali. La preoccupazione non è la Libia, ma cosa fare di Gheddafi senza strapazzarlo troppo. Bisogna anche non apparire troppo truci o troppo armati, specialmente nelle intenzioni. Il presidente Obama ha detto che l’America non ha interessi vitali in Libia e gli si sono accodati tutti. La Germania si era già  sfilata assestando un colpo micidiale alla Nato, diversi altri paesi dicono di non voler combattere e la Turchia di Erdogan non solo ha promesso solennemente che non bombarderà  mai il popolo libico ma vuole addirittura attribuire a Gheddafi la virtù taumaturgica e catartica di dirigere la Libia nella transizione democratica contro il suo stesso regime. I francesi e gli inglesi sembrano inflessibili nel chiedere la testa (metaforica) del raìs, ma trattano con tutti coloro in grado di dialogare con lui. Mentre la politica celebra i suoi riti, sul terreno la guerra si fa sempre più “normale”. Nessun generale ha preso bene questa guerra sia per i precedenti disastrosi degli ultimi vent’anni sia per la nebulosità  degli scopi politici. Il Pentagono si è opposto fin dal primo giorno, i francesi hanno bombardato quasi alla chetichella, le ragazze inglesi non si sono messe a tette nude per incitare i soldati e i generali italiani si sono rifugiati in fretta nelle procedure della Nato senza prendersi il tempo di spiegarle bene ai nostri ministri. Eppure la parte militare della coalizione e della Nato prosegue con i suoi piani di attacco ed anzi si adegua ad uno sviluppo ancora più normale dei combattimenti. I ribelli non ce la fanno e la loro guerra si svolge con l’elastico: avanzano di quel tanto che le forze della coalizione consentono, poi tornano indietro, senza fretta. Con la graduale eliminazione delle contraeree di Gheddafi gli aerei alleati si avvicinano a terra, lanciano razzi e attivano le cannoniere volanti per gli attacchi al suolo: com’è normale. La favola del pattugliamento umanitario e disarmato non è ancora cominciata e anzi dovranno presto intervenire gli elicotteri controcarro. Mentre la politica si produce in improbabili opzioni indolori, sul terreno i dolori devono ancora venire soprattutto se a qualcuno verrà  in mente di assediare Tripoli. E la normalità  non basterà  più. Sunzi aveva teorizzato 2500 anni fa che la guerra si fa con la combinazione delle forze normali e di quelle “speciali”, regolari e irregolari, palesi e occulte. I cinesi sono ormai di casa in Libia e dovrebbero insegnare qualcosa, ma si occupano di petrolio e i principi di Sunzi li hanno trasferiti in borsa. In Libia si sono invece infiltrate le forze speciali e d’intelligence più brave di tutto l’occidente della guerra: individuano obiettivi, addestrano i ribelli e aiutano perfino le milizie perché non si sa mai. Ci sono migliaia di mercenari di Gheddafi e delle compagnie petrolifere pronti a cambiare padrone, ci sono funzionari e generali pronti a cambiare bandiera. Molti di loro saprebbero bene cosa fare di Gheddafi anche senza scomodare Sunzi. La Libia appartiene al Mediterraneo e anche da noi l’esempio della guerra speciale è antico. Tripoli è come Troia: non cadrà  fino a quando il simulacro del suo potere, lo stesso Gheddafi, sarà  in città . Troia fu assediata per un decennio da forze “normali” ma fu espugnata dall’intelligenza di due guerrieri speciali: Ulisse e Diomede. Entrambi protetti da Atena (una sorta di antica Nato tutelare) riuscirono a rubare il Palladio, il simulacro di legno, senza gambe, che Atena aveva voluto nelle fattezze di Pallade, la sua amica libica uccisa da lei per sbaglio durante un combattimento simulato. Il Palladio aveva la proprietà  di proteggere la città  che lo deteneva ed era finito a Troia quando Atena l’aveva gettato giù dall’Olimpo perché si era imbrattato del sangue vaginale di Elettra stuprata da Zeus. Troia non sarebbe mai caduta finchè il simulacro fosse in città  e Ulisse e Diomede vestiti da viandanti penetrarono nella cittadella e lo rubarono. Questa fu la premessa alla successiva presa della città  con il famoso cavallo di legno, un’altra idea “speciale”. Gheddafi è ormai un simulacro, soprattutto di se stesso, con gambe legnose e fattezze umane rese approssimative dagli stravizi. Ma riesce ancora a proteggere la Troia libica. In attesa di una intelligenza speciale.


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