Le illusioni su Parmalat

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Ansaldo Sts ha acquisito l’americana Union Switch creando la prima azienda al mondo negli impianti di segnalamento per reti ferroviarie e metropolitane. Luxottica è cresciuta attraverso una catena di acquisizioni americane: Ray-Ban, Oakley, Sunglass Hut. Autogrill ha comprato Host dal gruppo Marriott, e attraverso questa acquisizione è entrata nei maggiori aeroporti degli Stati Uniti. Unicredit, comprando Pioneer, è entrata nel risparmio gestito Usa. Il caso più emblematico è Prysmian, l’ex divisione cavi della Pirelli. Nel 2005 la società  milanese fu costretta a cedere il suo settore cavi per rimborsare alle banche i denari che aveva preso a prestito per acquisire il controllo di Telecom Italia. Evidentemente in quel momento il monopolio dei telefoni, ben protetto dallo Stato, appariva più interessante dei cavi. (D’altronde la politica faceva il tifo per Pirelli e i suoi alleati che evitavano il rischio che uno straniero si comprasse i nostri telefoni). Da questa avventura Pirelli è uscita impoverita: quell’operazione si è mangiata il valore di Prysmian. E che ha fatto nel frattempo l’ex divisione dei cavi, acquistata dai suoi dirigenti con l’aiuto finanziario di Goldman Sachs e di alcuni fondi? Ha comprato l’olandese Draka e ha creato la prima azienda al mondo nel settore dei cavi (la seconda, la francese Nexans, ha un fatturato del 30%inferiore). Il governo sta per adottare norme scritte per impedire che Parmalat cada in mano francese. In tutti i Paesi, anche negli Stati Uniti, c’è chi invoca norme protezioniste per evitare che proprie aziende siano comprate da stranieri. Forse riusciremo a mantenere Parmalat italiana, ma al prezzo di tarpare le ali alle nostre aziende migliori. Per esempio sarà  più facile per il Congresso di Washington bloccare le prossime acquisizioni americane di Finmeccanica, un leader nel settore delicato della tecnologia militare, che spesso per crescere ha bisogno di tecnologia Usa. Come ha scritto sabato scorso sul Corriere Roger Abravanel: «Non abbiamo bisogno di protezionismo, ma di imprenditori in grado di competere con i francesi di Lactalis per Parmalat» . Se nessun imprenditore ha ritenuto di lanciare un’Offerta pubblica di acquisto conveniente quando l’azienda costava 3 miliardi di euro, perché dovrebbero farlo oggi quando costa un miliardo di più? Temo lo farebbero solo in cambio di compensazioni politiche, come quelle di cui beneficiarono i privati che hanno acquistato Alitalia-Air One, cioè se a pagare fossero ancora una volta i contribuenti. L’Opa è la strada obbligata anche per i francesi di Lactalis cui non può essere concesso di controllare Parmalat con il 29,9%, una frazione sotto la soglia che fa scattare l’obbligo di Offerta pubblica di acquisto, soprattutto se accordi con fondi «amici» le garantiscono una maggioranza più ampia. La Consob farebbe bene a verificare se quelli avvenuti siano stati acquisti concertati e nel caso obbligare i francesi a lanciare un’Opa.


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